Sprechi e consumi di pesce sono insostenibili, 1 su 3 non arriva nel piatto. Parola dell’Onu

Oggi è il Fish Dependence Day europeo ma c'è poco da festeggiare. Il nostro continente ha già esaurito le proprie scorte di pesce. E in Italia la situazione è ancora più critica. A livello globale, circa il 33% degli stock ittici è in stato di sovrasfruttamento e circa il 60% viene pescato al massimo della propria capacità

Oggi è il Fish Dependence Day europeo ma c’è poco da festeggiare. Il nostro continente ha già esaurito le proprie scorte di pesce. E in Italia la situazione è ancora più critica. A livello globale, circa il 33% degli stock ittici è in stato di sovrasfruttamento e circa il 60% viene pescato al massimo della propria capacità.

A rivelarlo è il nuovo rapporto “SOFIA” della FAO, che ha evidenziato il drammatico stato di sfruttamento in cui versano i nostri mari. Un pesce su tre catturato in tutto il mondo non arriva mai al piatto, gettato in mare o marcito prima che possa essere mangiato, secondo la Fao.

Nel suo rapporto semestrale sullo stato delle risorse ittiche del mondo, la Food and Agriculture Organization of the United Nations mostra anche che la produzione ittica totale ha raggiunto il livello record grazie a una maggiore piscicoltura, in particolare in Cina, con oltre la metà del pesce consumato al mondo proveniente dall’acquacoltura. Al contrario, la quantità di pesce selvatico catturato è cambiata dalla fine degli anni ’80 e un terzo delle specie ittiche commerciali è sovrasfruttato.

L’Europa consuma troppo e dipende dalle importazioni

Da ora e per tutto il resto dell’anno, l’Europa dipenderà dalle importazioni di pesce, crostacei e molluschi per soddisfare la richiesta dei consumatori. Sulle nostre tavole e in quelle di tutta Europa c’è più pesce di quanto se ne possa pescare nei nostri mari o allevare nei nostri impianti di acquacoltura. Oltre metà della domanda del Vecchio Continente è ‘soddisfatta’ dal resto degli oceani, soprattutto dai paesi in via di sviluppo.

E in Italia? Nonostante il nostro paese si affacci quasi interamente sul mare, nei primi tre mesi del 2018 ha già consumato l’equivalente dell’intera produzione ittica annuale nazionale. Simbolicamente, dal 6 aprile in poi stiamo consumando solo pesce importato, soprattutto dai paesi in via di sviluppo.

Se si guarda ai consumi pro capite, l’Italia si trova all’ottavo posto in Europa: gli italiani consumano in media 28,9 kg l’anno. Prima di noi, Portogallo (55,3 kg), Spagna (46,2 kg), Lituania (44,7 kg), Francia (34,4 kg), Svezia (33,2 kg), Lussemburgo (33,1 kg) e Malta(32 kg). I primi 5 paesi consumano da soli un terzo di tutto il pesce pescato e allevato in Europa, mentre la media per ogni cittadino europeo è di 22,7 kg di pesce l’anno. Secondo la Commissione Europea, il 41% degli stock ittici analizzati nell’Atlantico sono sfruttati eccessivamente. Questa percentuale sale all’88% se si guarda a quelli del Mediterraneo.

pesce consumo europa

Eppure ci sono degli esempio virtuosi in Europa, ossia una serie di paesi “autonomi”, in grado di pescare e produrre la stessa quantità di pesce consumata, a volte anche di più rispetto al fabbisogno. Sono: la Croazia, i Paesi Bassi, l’Estonia e l’Irlanda.

Sovrapesca: il Fish Dependence Day

La Giornata in cui ricorre il Fish Dependence Day, è diversa per ogni Paese differente: il 17 gennaio l’Austria, il 15 febbraio la Slovenia, il 18 febbraio la Slovacchia, il 22 febbraio il Belgio, il 29 febbraio la Romania, il 6 aprile l’Italia, il 30 aprile la Lituania, il 4 maggio la Germania, il 5 maggio il Portogallo, il 26 maggio la Spagna.

pesce consumo europa1

E nel mondo?

Nonostante l’incremento annuale del consumo di pesce a livello globale (3,2%) abbia superato la crescita della popolazione (1,6%), più di 800 milioni di persone dipendono da questa risorsa per la propria sopravvivenza, come fonte di cibo, guadagno e sostegno.

Dal 1961 la crescita annuale globale del consumo di pesce è stata il doppio della crescita demografica, dimostrando che il settore della pesca e dell’acquacoltura è fondamentale per raggiungere l’obiettivo della FAO di un mondo senza fame e malnutrizioneha detto José Graziano da Silva, direttore generale della FAO.

Secondo l’analisi, la produzione ittica globale ha raggiunto un picco di circa 171 milioni di tonnellate nel 2016, con l’acquacoltura che rappresenta il 47%, responsabile della continua crescita della fornitura di pesce per il consumo umano.

La produzione globale di pesca per cattura totale è stata di 90,9 milioni di tonnellate nel 2016, in lieve diminuzione rispetto ai due anni precedenti. La cattura totale mondiale è stata di 81,2 milioni di tonnellate nel 2015 e di 79,3 milioni di tonnellate nel 2016.

La diminuzione delle catture ha colpito il 64% dei 25 principali paesi produttori (Cina, Indonesia, Stati Uniti d’America, Federazione russa, Perù, India, Giappone, Vietnam, Norvegia, Filippine, Malesia, Cile, Marocco, Repubblica di Corea, Thailandia, Messico , Myanmar, Islanda, Spagna, Canada, Taiwan, Provincia della Cina, Argentina, Ecuador, Regno Unito, Danimarca), ma solo il 37% dei restanti 170 paesi.

Va detto anche che negli ultimi 20 anni, il problema globale della sovrapesca è aumentato drammaticamente e la situazione è resa ancora più grave dalla pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata.

Fish farm: l’orrore dell’acquacoltura

Per non parlare degli allevamenti. Rivela la Fao che quasi la metà di tutti i pesci consumati nel mondo ogni anno, vengono allevati.

I pesci d’allevamento trascorrono tutta la loro vita in recinti ristretti, sporchi e molti soffrono di infezioni, parassiti, malattie e lesioni debilitanti.

In 3 mesi, l’Italia ha mangiato tutta la produzione ittica annuale nazionale

“In poco più di 3 mesi, l’Italia ha consumato l’equivalente dell’intera produzione ittica annuale nazionale e la restante parte dell’anno dipenderà dalle importazioni di pesce, soprattutto dai paesi in via di sviluppo. È nostro dovere gestire gli oceani con più attenzione se vogliamo che il pesce continui a nutrire le generazioni future: oggi assistiamo ad una inversione di paradigma, il settore ittico è in crisi, i pescatori diminuiscono ma non lo sforzo di pesca. Significa che si pesca meno ma peggio”, ha detto la presidente di WWF Italia, Donatella Bianchi che aggiunge: “Il Fish Dependence Day europeo è arrivato un mese prima rispetto a quanto accadeva nell’anno 2000: fino a trent’anni fa l’Europa riusciva a soddisfare la propria domanda interna con pesca e allevamento locali fino a settembre o ottobre. Dobbiamo modificare le politiche globali, la richiesta e il consumo, in una direzione sostenibile, se non vogliamo esaurire il pesce rimasto a disposizione”.

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Francesca Mancuso

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