Dopo anni di battaglie, un fantino del Palio di Siena è stato condannato definitivamente per maltrattamento di animali. La sentenza conferma quanto sostenuto dalle organizzazioni di tutela animali: palii e competizioni che fanno uso di cavalli e altre specie non sono una tradizione, ma una tortura per gli animali
È stato condannato definitivamente dalla Corte di Cassazione per maltrattamento di animali il fantino Luigi Bruschelli, campione del Palio di Siena e di altri appuntamenti che vedono coinvolti i cavalli.
Lo comunica a gran voce la LAV, la Lega Antivivisezione, esultando per quanto deciso dai giudici. Si tratta di una sentenza storica che mostra al mondo intero ciò che si nasconde davvero dietro le corse dei cavalli: sfruttamento e violenza.
I fatti risalgono agli anni 2014-2015, quando Bruschelli, conosciuto da tutti come Trecciolino, aveva scambiando due cavalli, sostituendo i microchip identificativi impiantati e facendo passare dei purosangue come mezzosangue. Tra i capi d’accusa anche la somministrazione di farmaci.
Pur di vincere ed essere osannato dalla gloria del Palio di Siena, ha drogato i cavalli con farmaci somministrati in dosi inferiori alla dose terapeutica consigliata, al fine di eludere i controlli antidoping, ma la cui combinazione era in grado di determinare un aumento delle performance sportive” ha commentato Gianluca Felicetti, presidente della LAV.
La LAV si è costituita parte civile in una battaglia durata anni. Nel 2019 era arrivata la sentenza del Tribunale di Siena, che imputava Bruschelli e il veterinario, ma non riconosceva l’uso di farmaci e quindi il caso di maltrattamento.
Nel 2023 c’è stato il processo in Corte d’Appello di Firenze, che aveva condannato invece il fantino per maltrattamenti e assolto per i reati di falso. Ora la condanna è in via definitiva.
La vicenda è importantissima perché punta i riflettori su manifestazioni crudeli e anacronistiche con uso di animali che ancora hanno luogo nel nostro Paese. Il Palio di Siena, come contestano le organizzazioni di tutela animale e dimostrano i casi di cronaca, è tra le più note in assoluto.
Questi spettacoli non possono essere chiamati tradizione perché non hanno nulla a che vedere con la cultura di un luogo. Le ripetute frustate al fotofinish, gli infortuni, i cavalli allontanati dalla competizione e soppressi raccontano tutt’altra storia.
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Fonte: LAV
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