Gli orsi polari sono in grave difficoltà a causa dell'attività umana e del global warming. Il loro terreno di caccia si è ridotto e aumenta il cannibalismo
Oggi si celebra il “Polar bear day” ma non arrivano affatto buone notizie sullo stato di salute di questi animali. Scienziati russi hanno evidenziato un aumento del cannibalismo tra gli orsi polari dovuto allo scioglimento dei ghiacci e alla scarsità di cibo.
Lo stress e la perdita dell’habitat che stanno subendo gli orsi polari continua ad avere conseguenze drammatiche. Dato che si restringono i loro territori di caccia, molti esemplari tentano di avvicinarsi agli insediamenti umani a caccia di cibo (ricordate le immagini degli orsi nei centri abitati in Siberia l’anno scorso?) o, addirittura, sono costretti a diventare cannibali.
E, indovinate un po’? È colpa nostra! L’aumento dei casi di orsi polari che si uccidono e mangiano a vicenda nell’Artico si sta verificando a causa del ghiaccio che si scioglie e dell’attività umana che ha ulteriormente ristretto lo spazio utile per cacciare.
A dirlo è Ilya Mordvintsev, ricercatore presso l’Istituto di Ecologia ed evoluzione Severtsov di Mosca ed esperto in orsi polari. Come riporta l’agenzia di stampa russa Interfax, Mordvintsev ha dichiarato che prima i casi di cannibalismo tra gli orsi polari capitavano raramente mentre ora si registrano abbastanza spesso.
Parlando a una presentazione a San Pietroburgo, Mordvintsev ha suggerito che il comportamento è probabilmente dovuto alla mancanza di cibo.
“In alcune stagioni non c’è abbastanza cibo e i grandi maschi attaccano le femmine con i cuccioli.”
L’aumento dei casi potrebbe essere dovuto poi, almeno in parte, al fatto che più persone rispetto al passato lavorano oggi nell’Artico, cosa che permette anche di segnalare maggiormente il fenomeno.
Vi è per esempio l’area dal Golfo dell’Ob al Mare di Barents, dove gli orsi polari erano soliti cacciare, che attualmente è una rotta trafficata dalle navi che trasportano GNL (gas naturale liquefatto). La crescita delle attività delle compagnie energetiche nell’Artico sta dando il colpo di grazia ad una situazione già molto difficile per gli orsi.
Un altro scienziato russo, Vladimir Sokolov, che ha guidato numerose spedizioni con l’Artic and Antarctic Research Institute, con sede a San Pietroburgo, ha affermato che quest’anno gli orsi polari sono stati colpiti da un clima insolitamente caldo sull’isola di Spitsbergen, nell’arcipelago delle Svalbard in Norvegia , dove non c’erano sufficienti banchi di ghiaccio e neve. Ricordiamo che queste sono condizioni fondamentali per gli orsi in quanto hanno bisogno del ghiaccio marino per potersi muovere e procacciare il cibo.
L’aumento delle temperature nell’Artico e lo scioglimento della calotta glaciale tendono anche a costringere gli orsi polari a dirigersi verso sud in cerca di cibo, rendendo più probabile per loro entrare in contatto con gli insediamenti umani.
Insomma la situazione, e si sa da tempo, non è affatto rosea. Come ricorda il WWF in occasione di questa giornata, rischiamo di perdere il 30% della popolazione di orsi polari nell’Artico entro il 2050.
Faremo qualcosa di concreto per contrastare il surriscaldamento globale salvando gli orsi polari e tante altre specie oltre che noi stessi?
Fonte: Guardian/The Moscow Times
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