Come ogni anno, il 27 febbraio si celebra la Giornata Internazionale dedicata all’orso polare: sul Pianeta ne restano poco meno di 30mila divisi in 19 sottopopolazioni e, secondo le previsioni, la specie potrebbe vedere la propria popolazione totale ridotta di 1/3 nei prossimi 30 anni
Preso genericamente a simbolo degli impatti della crisi climatica sulla biodiversità (alcuni studi però dimostrano che ciò non può essere universalmente vero), l’orso polare rimane una delle icone più distinguibili della vastità dell’Artico. E della sua situazione catastrofica.
Incalzato da una ormai sistematica riduzione del ghiaccio marino, il suo habitat, che si sta riducendo sia in estensione che in spessore a una velocità senza precedenti, l’orso polare vede diminuire le sue tradizionali zone di caccia, perdendo così peso fino a rischiare di morire di fame e fino ad avere conseguenze drammatiche sulla fertilità.
È per questo che, come ogni anno, si celebra il 27 febbraio la Giornata Internazionale dell’orso polare, l’International Polar Bear Day, per offrire opportunità per la sensibilizzazione e l’azione.
Lo scenario
Se da un lato la riduzione del ghiaccio marino porta anche a un minor effetto dello “schermo bianco” in grado di riflettere energia termica nello spazio e regolare il clima del Pianeta (la fusione del permafrost terrestre e della banchisa polare porta sia a una più veloce immissione di gas climalteranti in atmosfera sia a una diminuzione dell’effetto benefico che la distesa glaciale artica ha sul clima a livello globale), dall’altro porta alla riduzione delle tradizionali zone di caccia degli orsi polari e ciò accade nonostante gli orsi stiano provando a trovare nuovi adattamenti, come andare a caccia di uccelli (invece che cacciare foche, le loro prede abituali, sulla banchisa polare) o ridurre i consumi di energia, entrando in una sorta di “letargo” estivo e riducendo gli spostamenti.
Lo mostra anche il recente studio del Servizio geologico degli Stati Uniti di Anchorage in Alaska, pubblicato sulla rivista Nature Communications, che per 3 anni ha monitorato le infruttuose strategie di sopravvivenza al caldo tentate da 20 orsi polari: 19 orsi su 20 hanno mostrato, infatti, drammatiche perdite di peso.
La ricerca di cibo porta gli orsi anche ad avvicinarsi ai villaggi, creando così occasioni di conflitto con le comunità locali e poi, attraverso l’ingestione di prede contaminate dagli inquinanti sempre più diffusi nei mari, gli orsi polari rischiano di accumulare sostanze tossiche (processo noto come “biomagnificazione”), che possono causare danni fisiologici permanenti agli animali e avere drammatici effetti sulle loro capacità riproduttive.
Se, inoltre, il loro habitat è la banchisa ghiacciata e quella banchisa si sta sciogliendo, va da sé che l’orso sia costretto a spostarsi sempre più sulla terraferma. Rispetto a poco più di un decennio fa, per esempio, i periodi senza ghiaccio nella Baia di Hudson, in Canada, sono aumentati di tre settimane e spingono gli orsi polari a vivere sulla terraferma per circa 130 giorni e dunque a dover cercare per più tempo forme di cibo alternative.
Rispetto a poco più di un decennio fa, i periodi senza ghiaccio nella Baia di Hudson, in Canada, sono aumentati di tre settimane e spingono gli orsi polari a vivere sulla terraferma per circa 130 giorni e dunque a dover cercare per più tempo forme di cibo alternative.
Sul Pianeta restano poco meno di 30mila orsi polari divisi in 19 sottopopolazioni. Un esempio che testimonia il declino della specie è rappresentato dal caso della popolazione di orso polare della baia di Hudson in Canada che, dal 1987 al 2017 ha subito una riduzione del 30%.
In definitiva è urgente considerare che salvare gli orsi polari vuol dire salvare noi e i motivi sono molto semplici:
Come tutti i grandi predatori, l’orso polare si trova al vertice delle catene alimentari: quando viene a mancare si rompono equilibri molto importanti perché la presenza di questi grandi predatori serve a mantenere in equilibrio e in salute anche le popolazioni di foca. E poi a seguire tutto quello che dipende dalla loro presenza: la loro scomparsa è un indicatore di qualcosa di catastrofico che sta succedendo. Il riscaldamento globale rischia di portare all’estinzione l’orso polare e poi tante altre specie e poi chissà cosa succederà alla nostra, conclude afferma Isabella Pratesi, direttrice del Programma di Conservazione del WWF Italia.
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