Dipingere occhi finti dipinti sul retro del bestiame spinge i predatori a rinunciare alla preda: lo studio
Dipingere occhi finti dipinti sul retro del bestiame spinge i predatori a rinunciare alla preda: uno studio guidato dall’Università del New South Wales (Australia) in collaborazione con il Taronga Conservation Society Australia e il Botswana Predator Conservation dimostrerebbe che disegnare occhi sul sedere di mucche e cavalli (e altro bestiame) può proteggere gli animali dagli attacchi di leoni e altre specie selvatiche.
L’esperimento, che mira a fornire agli allevatori una soluzione più sostenibile dell’abbattimento dei predatori, è stato condotto su numero selezionato di bovini nella regione del delta dell’Okavango in Botswana, dove il bestiame è spesso preda di leoni, leopardi, iene maculate, ghepardi e cani selvatici africani.
È noto infatti che i predatori si affidano al fatto di non essere individuati dalle loro prede: i ricercatori hanno dunque ipotizzato che fingere degli sguardi puntati verso di loro potesse inibire gli attacchi.
“I leoni sono predatori da imboscata che si basano sullo stalking – spiega a questo proposito Neil Jordan, che guidato lo studio – e quindi l’elemento sorpresa, ovvero essere visti dalla loro preda, può portarli ad abbandonare la caccia. Abbiamo voluto verificare la possibilità di intervenire in questo modo per ridurre le perdite di bestiame, proteggendo potenzialmente leoni e mezzi di sussistenza allo stesso tempo”.
Sì perché gli allevatori, per proteggere il loro bestiame, intervengono con la caccia ai predatori (e non solo in Africa, succede anche qui), ma questo sistema interferisce in modo distruttivo con l’ecosistema. Normalmente infatti le mandrie di bovini (che vanno da circa 6 a 110 bovini singoli) sono tenute in recinti a prova di predatori durante la notte, ma pascolano incustodite per la maggior parte della giornata, quando si verifica la stragrande maggioranza degli attacchi di leoni e altri predatori.
Il team ha lavorato quindi con gli agricoltori nella regione del delta dell’Okavango per dipingere sul retro 14 mandrie di bestiame che avevano recentemente subito attacchi di leoni, in particolare un terzo di ogni mandria con occhi finti e un terzo con semplici segni a croce, lasciando il resto senza nulla (bovini di controllo).
Un’alternativa come questa avrebbe potuto davvero proteggere sia prede che predatori. E i ricercatori hanno avuto ragione: si è scoperto infatti che i bovini dipinti con occhi artificiali avevano una probabilità significativamente maggiore di sopravvivere rispetto ai bovini di controllo non dipinti o dipinti a croce all’interno della stessa mandria.
In particolare nessuna “mucca con gli occhi sul retro” è stata uccisa da predatori durante le imboscate avvenute nei quattro anni di studio, mentre 15 bovini non dipinti e 4 dipinti a croce sono stati uccisi.
I risultati raggiunti hanno entusiasmato gli scienziati, che hanno sottolineato anche alcune “sorprese”.
“I bovini contrassegnati da croci semplici avevano molte più probabilità di sopravvivere rispetto ai bovini non contrassegnati della stessa mandria – continua infatti Jordan – Sebbene i bovini con gli occhi dipinti avessero ancora maggiori probabilità di non subire attacchi rispetto agli altri gruppi, semplici croci rappresentano un deterrente migliore di non apportare alcun segno, il che era inaspettato”.
Oltre ai dati scientifici che sembrano provare l’efficacia della tecnica, i ricercatori hanno anche prodotto delle “linee guida” per gli agricoltori, che includono suggerimenti su come e dove disegnare gli occhi finti.
Certo che comunque alcuni dubbi restano, in particolare se l’effetto deterrente resterebbe anche senza gli “agnelli sacrificali” ovvero gli individui senza alcun segno, e se ad un certo punto possa finire tale effetto, ovvero se i predatori “capiscano il gioco” e non si facciano più ingannare.
Su questo punto, comunque, non è detta l’ultima parola.
“Questo è un problema importante per quasi tutti gli approcci non letali e in questo caso non è ancora noto se la tecnica rimanga efficace a lungo termine – spiega ancora il ricercatori – L’abitudine può essere una questione chiave per i carnivori residenti che incontrano spesso “mucche oculari”, ma in molte aree i carnivori possono essere semplicemente di passaggio e l’abitudine è meno preoccupante”.
In ogni caso è chiaro, sottolineano gli autori, che questa tecnica potrebbe essere utile ma insieme ad altre più tradizionali o del futuro.
Le ricerche andranno avanti.
Il lavoro è stato pubblicato su Communications Biology, del gruppo Nature.
Fonti di riferimento: Università del New South Wales / Communications Biology
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