Sarà la più grande macellazione di massa della storia della Nuova Zelanda. Un vero e proprio massacro per quasi 150.000 mucche, che stanno per essere abbattute per sradicare la Micoplasmosi bovina.
Sarà la più grande macellazione di massa della storia della Nuova Zelanda. Un vero e proprio massacro per quasi 150.000 mucche, che stanno per essere abbattute per sradicare la Micoplasmosi bovina.
Il batterio, che è stato rilevato per la prima volta in Nuova Zelanda a luglio dello scorso anno, si manifesta nelle mucche con mastiti, polmoniti gravi, infezioni alle orecchie e altri sintomi.
“Le micoplasmosi nel settore bovino possono colpire animali di tutte le età; alla pari di altri settori zootecnici l’infezione è caratterizzata da elevata morbilità, bassa mortalità e tendenza alla cronicizzazione. Le perdite economiche sono legate ai costi per la profilassi/metafilassi e per le terapie, oltre che alle perdite produttive”, spiega l’Istituto zooprofilattico Sperimentale delle Venezie.
Da quando è stato scoperto, sono state abbattute 26.000 mucche e la malattia è classificata come “attiva” su 37 proprietà. Nonostante all’inizio fosse limitato alle fattorie dell’Isola del Sud, la malattia ha continuato a diffondersi, raggiungendo anche l’Isola del Nord all’inizio di quest’anno, facendo un salto tra le due isole.
“Questa è una decisione difficile: nessuno vuole mai vedere abbattimenti di massa. Ma l’alternativa è rischiare la diffusione della malattia in tutta la nostra mandria nazionale. Abbiamo una reale possibilità di estirpazione per proteggere i nostri oltre 20.000 allevamenti di bovini da latte e da carne, ma solo se agiamo ora”, ha dichiarato il primo ministro Jacinda Ardern, convinta che lo sradicamento totale della malattia sia ancora possibile, in quanto non ancora del tutto diffusa e presente con un solo ceppo.
La Nuova Zelanda è il maggiore esportatore mondiale di prodotti lattiero-caseari e produce il 3% di tutto il latte mondiale. Le previsioni del governo stimano che se la malattia si diffondesse in modo incontrollato, costerebbe all’industria 1,3 miliardi di dollari in perdita di produzione in 10 anni.
Ciò che però nessuno dice che dietro quei numeri ci sono essere viventi, la cui morte viene considerata solo sotto il piano economico, in termini di perdite e non di vite spezzate.
Nessuna etica e a farne le spese saranno ancora una volta le mucche.
Ed è proprio questo uno dei tristi risvolti degli allevamenti intensivi, dopo spesso questi animali si trovano costretti a vivere stipati in ambienti chiusi. Dove la presenza di batteri e agenti patogeni può diffondersi molto velocemente. Dove continua a crescere l’antibiotico resistenza.
Roberta Ragni
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