Negli allevamenti del Friuli Venezia Giulia c'è mangime sufficiente solo per i prossimi 10 giorni, superati i quali si rischia di dover abbattere gli animali
Le conseguenze economiche e relative all’approvvigionamento delle materie prime dovute al conflitto russo-ucraino diventano sempre più serie, anche nel nostro Paese. Vi abbiamo già parlato del problema del mais che, non arrivando più in Italia dall’Ucrania e dall’Ungheria (che ha bloccato le esportazioni), sta mettendo a rischio gli animali degli allevamenti.
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Questo cereale, infatti, è usato nei mangimi che di conseguenza iniziano a scarseggiare e ad avere prezzi altissimi. A sottolineare la gravità della situazione arriva l’allarme lanciato dall’Associazione Allevatori del Friuli Venezia Giulia (AAFVG) che fa sapere a Il Gazzettino che c’è mangime sufficiente solo per i prossimi 10 giorni. E dopo?
Se non si trova un “piano b” si rischia una strage di animali. Come ha spiegato Andrea Lugo, presidente dell’Associazione allevatori Fvg:
Il settore era già in forte difficoltà a causa dell’incremento dei prezzi delle materie prime e dell’energia. Questo può anche significare scelte drastiche come dover abbattere capi di bestiame perché non c’è mangime sufficiente.
Un problema che però non riguarda certo solo gli allevamenti del Friuli Venezia Giulia ma che è generalizzato. Anche Coldiretti Puglia, ad esempio, ha fatto sapere che la situazione delle fattorie della Regione è drammatica:
La guerra in Ucraina taglia fino al 10% le razioni di cibo a mucche, maiali e polli negli allevamenti pugliesi che si trovano a fronteggiare la peggiore crisi alimentare per gli animali dalla fine del secondo conflitto mondiale a causa dell’esplosione dei costi dei mangimi e del blocco alle esportazioni di mais dall’Ucraina ed anche dall’Ungheria.
La soluzione, a detta degli allevatori, è solo una. Come ha dichiarato Lugo:
Scelte urgenti che rendano l’Italia e l’Europa autosufficienti dal punto di vista dell’approvvigionamento delle materie prime e di conseguenza del cibo.
Il blocco delle importazioni di cereali, tra l’altro, non riguarda solo il mais ma anche il grano, oltre che altri prodotti come l’olio di girasole. (Leggi anche: La guerra in Ucraina colpisce anche l’importazione di olio di girasole: in Italia le scorte stanno terminando)
Una situazione che inizia a diventare molto seria e ora, come sottolineato dall’Alleanza Cooperative Agroalimentari, gli agricoltori del nostro paese si trovano di fronte alla scelta di decidere cosa piantare e molti, visti gli alti prezzi raggiunti dai cereali, potrebbero optare per convertire i propri terreni alla coltivazione di grano e mais piuttosto che di pomodori (e ciò potrebbe portare ad una carenza di quest’ultimi e di conseguenza di pelati e passate). Un cane che si morde la coda, insomma.
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Fonte: Il Gazzettino
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