Le azioni umane causano malattie agli animali selvatici e portano le specie all'estinzione mille volte più velocemente.
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Le azioni degli esseri umani – come la distruzione degli habitat – causano malattie agli animali selvatici e portano le specie all’estinzione mille volte più velocemente di quanto avvenga in natura.
Gli animali selvatici non solo devono affrontare la distruzione dei loro habitat, il pericolo della caccia, la commercializzazione, i cambiamenti climatici e l’inquinamento; ma devono anche combattere le nuove malattie che stanno emergendo come una minaccia crescente e insolita, mettendo ulteriormente a rischio la loro sopravvivenza. Secondo uno studio pubblicato su Science, le specie animali si stanno estinguendo mille volte più velocemente di quanto dovrebbero a causa delle attività umane.
Le malattie della fauna selvatica sono un segnale che il nostro pianeta è malato
Il problema delle malattie della fauna selvatica si sta intensificando a un livello tale che l’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura (IUCN) ha recentemente pubblicato il rapporto globale “Urgent Needs for Global Wildlife Health“, riguardo l’urgenza di affrontare e salvaguardare la salute della fauna selvatica del pianeta.
La salute degli animali selvaggi è un indicatore fondamentale del benessere del nostro pianeta, dei suoi ecosistemi e delle risorse naturali da cui dipendono anche gli esseri umani. Da poco vi abbiamo raccontato della dermatite mortale che sta colpendo i delfini in Usa, Australia e Sudamerica. Questa malattia purtroppo non è un caso isolato, sono diversi i casi di infezioni che stanno attaccando la fauna selvatica, spingendo gli specialisti ad allertarci sull’importanza e l’urgenza di realizzare un monitoraggio globale.
Questi sono alcuni esempi di malattie che hanno colpito la nostra fauna negli ultimi tempi: le popolazioni di koala sono diminuite notevolmente principalmente a causa di malattie come la clamidia e degli incendi boschivi che li hanno resi ancora più vulnerabili; gli huemul stanno lottando contro un’infezione che gli provoca degli ascessi; alcuni mammiferi selvatici cileni hanno uno strano tipo di scabbia; milioni di pipistrelli sono morti in Nord America per la sindrome del naso bianco provocato da un fungo; le tigri siberiane sono state contagiate dal cimurro canino e per salvaguardarle alcuni specialisti stanno proponendo di vaccinarle.
“Anche se ci sono più occhi che guardano, c’è una maggiore individuazione di nuove malattie nelle popolazioni in cui gli agenti patogeni non erano precedentemente registrati”, spiega Diego Montecino, epidemiologo della fauna selvatica presso la Wildlife Conservation Society.
La relazione tra le azioni umane, la fauna selvatica e l’ambiente
Il covid-19 ci ha ricordato che la devastazione della natura aumenta il rischio di epidemie e pandemie. Gli esseri umani con le loro azioni stanno facilitando, direttamente e indirettamente, la diffusione di malattie all’interno della fauna selvatica. Alcune malattie infettive emergenti potrebbero essere state innescate dal contagio con animali domestici presenti nelle vicinanze, dall’intervento umano che trasporta ospiti e agenti patogeni e da altre fonti che non abbiano il coinvolgimento diretto di esseri umani o specie domestiche.
La perdita dell’habitat, ad esempio, si traduce nello spostamento delle popolazioni naturali, che dà vita ad un maggiore contatto tra animali selvatici e animali domestici e esseri umani, provocando così un aumento del trasferimento di agenti patogeni tra questi gruppi.
In termini di cambiamento climatico, si prevede che eventi estremi come siccità e incendi aumenteranno il movimento e la mortalità delle specie. Se a questi aggiungiamo lo scongelamento di aree come l’Artico, che sta esponendo agenti patogeni precedentemente congelati, insieme allo stress e alle cattive condizioni di vita, a questo punto si creerà uno scenario propizio per lo sviluppo di nuove malattie che metteranno in grave pericolo la biodiversità globale.
“One Health”, la speranza del pianeta
Sebbene ci siano grandi sforzi per monitorare i tassi di estinzione, distribuzione e protezione delle specie, a livello di malattie emergenti nella fauna selvatica, ci sono ancora molteplici carenze in termini di conoscenza, gestione e sorveglianza, soprattutto nei paesi del Sudamerica e dell’Africa, dove è notevolmente sottovalutato.
Il rapporto globale della IUCN sottolinea la necessità di adottare l’approccio “One Health”, che considera l’interdipendenza tra salute umana, la salute animale e la salute dell’ecosistema indissolubilmente legate tra loro: se uno di queste si ammala, si ammalano tutte.
Con questo spirito, vengono proposti sistemi di sorveglianza basati sulla collaborazione tra il settore pubblico e il privato, con un ruolo attivo degli Stati, del mondo accademico, dei centri di soccorso e dei cittadini, al fine di aumentare, sistematizzare e standardizzare l’informazione e le misure.
“La salute delle nostre popolazioni naturali non può continuare a dipendere da gruppi motivati o autofinanziati, ma da un lavoro articolato da parte dei governi della nostra regione neotropicale che integri tutte le informazioni aggiornate sulla salute animale e umana; la salute come una sola cosa”, spiega Cristóbal Briceño, dottore in conservazione all’Università di Cambridge e professore all’Università del Cile.
Fonte: Science / IUCN / El País
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