Maiali: nuovo video shock denuncia l’orrore dell’allevamento intensivo che rifornisce la più grande catena di supermercati in USA

2,700 maiali detenuti in condizioni pessime, rinchiusi in anguste gabbie per la gestazione, larghe appena 50 centimetri, barbaramente mutilati di code e orecchie, castrati senza anestesia a soli pochi giorni di vita. Alcuni hanno evidenti ferite e piaghe sul corpo e sui musetti, altri non riescono nemmeno più a reggersi in piedi, fissano l’obiettivo con occhi sofferenti e pieni di disperazione. Intorno a loro, giacciono qua e là piccoli maialini privi di vita. Queste le crude immagini dell’inchiesta realizzata sotto copertura da alcuni attivisti della The Humane Society of the United States (HSUS), in un allevamento intensivo di suini a Goodwell, in Oklahoma, la Seaboard Foods, fornitore della catena di supermercati Walmart, la più grande degli States.

2,700 maiali detenuti in condizioni pessime, rinchiusi in anguste gabbie per la gestazione, larghe appena 50 centimetri, barbaramente mutilati di code e orecchie, castrati senza anestesia a soli pochi giorni di vita. Alcuni hanno evidenti ferite e piaghe sul corpo e sui musetti, altri non riescono nemmeno più a reggersi in piedi, fissano l’obiettivo con occhi sofferenti e pieni di disperazione. Intorno a loro, giacciono qua e là piccoli maialini privi di vita. Queste le crude immagini dellinchiesta realizzata sotto copertura da alcuni attivisti della The Humane Society of the United States (HSUS), in un allevamento intensivo di suini a Goodwell, in Oklahoma, la Seaboard Foods, fornitore della catena di supermercati Walmart, la più grande degli States.

Eppure, la Seaboard, che produce circa 4 milioni di maiali all’anno, si descrive come un’azienda attenta al benessere degli animali che alleva. Nel Sustainability And Stewardship Report del 2008 spiega di essere impegnata “in un’ adeguata cura degli animali” e di avere “l’obbligo morale ed etico di scegliere un trattamento umano per gli animali”. “Le nostre stalle –prosegue il report- sono progettate per dare maiali spazi adeguati per mangiare, bere, riposare, dormire e muoversi senza farsi male”. Peccato che la HSUS abbia documentato proprio il contrario, con immagine che contraddicono palesemente quanto dichiarato.

Proprio per queste “dichiarazioni fuorvianti” e per gli illeciti e la mancanza di qualsiasi pratica attenta al benessere degli animali, il 31/01 l’associazione animalista ha presentato un reclamo formale (qui il pdf) contro la Seaboard Corporation alla Securities and Exchange Commission e alla Federal Trade Commission. “abbiamo provato a contattare privatamente l’azienda per esprimere le nostre preoccupazioni sugli animali per più di un anno – spiega il legale Peter Brandt al The Huffington Postma si è sempre rifiutata di rispondere”.

Prenderemo i necessari”, fa sapere intanto la catena Walmart, di cui, come spiega Dianna Gee, portavoce della HSUS, la Seaboard Foods è uno dei circa 100 fornitori di carne di maiale, anche se, precisa la Gee, “non ne forniscono che una piccola percentuale“.

Ma la tragica situazione dei maiali immortalati dagli attivisti non è un caso raro. La subiscono quotidianamente migliaia, milioni di suini in tutto il mondo, che negli allevamenti intensivi vengono costrettia vivere chiusi in gabbie sovraffollate, privati della minima libertà di movimento, impediti nella pratica di istinti affettivi e sessuali, mutilati, sottoposti a costanti terapie antibiotiche ed ormonali, ad un’illuminazione ininterrotta che impedisce loro di dormire, nutriti con alimenti inadeguati, chimici e innaturali, costretti a respirare un’aria satura di sostanze chimiche dannose e povera d’ossigeno. Gli animali sfruttati in questo modo manifestano gravi patologie organiche e psicologiche, che li rendono spesso aggressivi. Un problema risolto non migliorando le condizioni di detenzione, ma attraverso la mutilazione delle code e dei testicoli.

Per questo i piccoli vengono subito castrati, non da esperti ma da semplici operai che non ricorrono a alcuna anestesia. Vivranno il resto della loro breve e sofferente vita in un box di cemento insieme ad altri 10-15 esemplari, all’interno dei capannoni in cui spesso d’estate il caldo diventa insopportabile così come la puzza di feci, urine e scarti di cibo. Quando arriverà il momento dell’uccisione le povere vittime verranno prima stordite e poi sgozzate. Ma nessuno, in realtà, si curerà di accertarsi se siano davvero incoscienti prima e morte dopo, nemmeno prima del bagno del cadavere in una vasca di acqua bollente.

Non va meglio alle scrofe da riproduzione, che vivono appena 2 anni, mentre in natura dovrebbe vivere circa 18 anni. Dopo l’accoppiamento, saranno trasferite in piccole gabbie di ferro, come quelle documentate nel video, che ne impediranno qualsiasi movimento. Pochi giorni prima del parto le trasferiranno nelle sale parto, dove, fasciate da una serie di tubi che lasciano libera solo la parte inferiore del corpo, trascorreranno circa 40-50 giorni, finché i piccoli non saranno trasferiti in altri box e le scrofe ricominceranno il ciclo.

Questo sono gli allevamenti intensivi: luoghi crudeli, altamente inquinanti e inutili. Il solo modo per evitare tutto questo è smettere di mangiare animali. Salvare questi poveri animali dipende solo da noi.

Roberta Ragni

 

 

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