Il maiale messo al rogo per risolvere il caso in tribunale era già morto in allevamento, così lo si è ucciso due volte

Dopo la petizione contro una pura follia, il maiale utilizzato per l’esperimento in tribunale sarebbe stato scelto tra quelli deceduti per morte naturale in un allevamento. Ma ci domandiamo: esiste una morte naturale negli allevamenti?

L’epilogo è più paradossale di quanto ci potessimo immaginare. La decisione della Corte d’Assise di Brescia che, per accertare la verità sulla scomparsa di un imprenditore, aveva chiesto di verificare come brucia un corpo in un forno fusorio, mettendo a sua volta al rogo un maiale, ha preso un’altra piega: quella di utilizzare un maiale già morto.

Una conclusione probabilmente scaturita da “Salviamo Cuore!”, l’appello disperato che gli animalisti avevano lanciato per fermare lo scempio che sarebbe potuto avvenire.

Nella fonderia Gonzini di Provaglio d’Iseo, ieri, sarebbe potuto essere messo letteralmente al rogo un maiale per accertare la verità sulla scomparsa di un imprenditore, del quale non si hanno più notizie dal 2015 e per la cui morte è stato accusato un nipote. Un test giudiziale assurdo, che ha suscitato un’ondata di indignazione in Italia.

Serve un maiale, irrimediabilmente ammalato, di quelli con il destino segnato e in imminente scadenza. Dovrà essere sottoposto ad un prelievo del Dna, poi ucciso, vestito con indumenti simili a quelli che Mario Bozzoli indossava quella sera e infine, entro le 24 ore dalla sua dipartita, dovrà essere gettato in un forno da fonderia, così aveva stabilito la Corte d’Assise di Brescia, ma migliaia di italiani si sono mobilitando per evitarlo.

Cosa si è poi stabilito

Il Presidente del Tribunale di Brescia Vittorio Masia, rispondendo alla istanza della LAV, ha invece comunicato che

il suino sarà selezionato tra quelli (già) deceduti per morte naturale, prelevato quotidianamente dagli allevamenti da ditte specializzate e conferiti all’Istituto Zooprofilattico per le analisi e il successivo smaltimento. Verrà dunque utilizzata una carcassa di animale priva di infezioni virali, presso la Fonderia Gonzini di Provaglio d’Iseo.

Dunque, alla fine, per l’esperimento è stato utilizzato un cucciolo di soli 13 chilogrammi, rinchiuso in un allevamento e che è stato tra quelli morti per causa naturale. Volete dettagli? Il piccolo maiale è stato bruciato in un forno fusorio a più di 800 gradi e poi lasciato a mollo in un fluido di metallo fuso, finché del suo corpo non è rimasto più nulla.

Il suinetto sarebbe stato scelto tra quelli “morti per causa naturale“, ma rimane paradossale tutto ciò. Gli animali negli allevamenti non muoiono mai per cause naturali, la loro è sempre una morte indotta, soppressi perché malati o deceduti a causa della reclusione e delle condizioni in cui sono costretti a vivere.

Dire che questo maialino è morto di cause naturali è come ucciderlo due volte, dicono le associazioni Meta Parma e Avi Parma.

E, infine, rimarca anche la LAV: se un maiale è così “simile a un essere umano”, perché non ci si è posti la questione morale, a prescindere, nell’utilizzare un essere di una specie considerata invece, nei fatti, inferiore, da periti e Tribunale?

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Fonti: Avi Parma / LAV

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