L’ordinanza di abbattimento per l’orso (e di altri 3) che ha ucciso il runner è un fallimento per tutti

In Trentino la popolazione di orso conta oggi circa 100 esemplari. In un’area turistica e dall’antropizzazione diffusa, in questi ultimi 20 anni gli episodi di interazione aggressiva di orsi a persone sono stati 7, nessuno dei quali ha portato a conseguenze letali per le persone. Ciò detto, negli anni si sono voluti "importare" orsi per ripopolare la specie e nulla mai è stato fatto per proteggerli realmente. Anzi, ora li chiamano “problematici”

Arrivano i risultati dell’autopsia del giovane Andrea Papi, rinvenuto nei giorni scorsi privo di vita nel bosco, sopra l’abitato di Caldes, ed è già caccia all’orso.

Caccia”, ahinoi, già ampiamente autorizzata dalla Provincia autonoma di Trento.

Leggi anche: Runner attaccato da un orso in Trentino? Qualcuno non vedeva l’ora che accadesse (sempre che sia confermato)

Quell’orso va rimosso per garantire la sicurezza pubblica”, si affretta a dire il presidente Fugatti, affiancato dal sindaco di Caldes Antonio Maini, dal presidente della Comunità Val di Sole Lorenzo Cicolini e dal dirigente generale del Dipartimento Protezione civile, foreste e fauna, Raffaele De Col.

Tutti, oramai, uniti in un unico intento e in una serie di ordinanze “contingibili e urgenti” – scrivono – per l’abbattimento di quelli che definiscono orsi “problematici”. E la prima riguarda l’identificazione sul territorio e il successivo abbattimento dell’animale che ha ucciso il 26enne di Caldes.

Gli orsi da abbattere sono dunque potenzialmente 4 – si legge nella nota stampa – oltre all’aggressore del runner ci sono MJ5, JJ4 e M62. In attesa della procedura di identificazione, dopo la cattura da parte del Corpo forestale trentino con la trappola tubo, gli orsi “indiziati” non saranno dotati di radicolare e rilasciati, ma verranno custoditi momentaneamente in cattività, in attesa della conferma che arriverà dall’esame del Dna.

E già nelle scorse settimane era stato lo stesso Fugatti a dichiarare che la Provincia avrebbe proceduto alla cattura e all’abbattimento di MJ5, il plantigrado di 18 anni che aveva attaccato e ferito lievemente un escursionista in Val di Rabbi.

Importare per poi imprigionare e uccidere

Pare che sia proprio quello che accade qui, nella gestione della Provincia autonoma di Trento che, insieme all’Istituto nazionale della fauna selvatica (oggi Ispra) e al Parco Adamello Brenta, per salvaguardare un piccolo nucleo di orsi sopravvissuto nel territorio avviò anni fa il progetto Life Ursus, finanziato dall’Unione Europea, al fine d’incrementare la specie nelle Alpi tramite il rilascio di alcuni individui provenienti dalla Slovenia.

Se il risultato di tanto sforzo è questo, tanto valeva che quello stanziamento di denaro pubblico fosse investito altrove – commenta il responsabile per la Fauna selvatica dell’Oipa, Alessandro PIacenza. Dieci furono gli orsi rilasciati tra il 1999 e il 2002 e oggi se ne contano circa 100. Ma l’intento iniziale si è ribaltato e dalla protezione si sta passando all’uccisione.

Life Ursus, insomma, avrebbe dovuto proteggere gli orsi bruni reintrodotti attraverso una serie di attività mirate alla conservazione, alla sorveglianza, alla sensibilizzazione anche attraverso l’attivazione di relazioni positive tra l’uomo e il plantigrado, ma la prevenzione dei conflitti tra l’orso e le comunità locali non sono state né idonee né sufficienti.

Questa rappresaglia aggiungerà solo sangue innocente a sangue innocente mentre l’Amministrazione provinciale trentina, come tutte quelle che l’hanno preceduta, non è stata in grado di favorire la convivenza pacifica nel rispetto della vita degli umani e degli orsi – dichiara Simone Stefani, Vicepresidente nazionale LAV e responsabile trentino dell’Associazione – si tratta di “una lucida strategia politica e ideologica” non scientifica, come ha detto il medico veterinario trentino Alessandro De Guelmi che ha curato il progetto “Life Ursus” di reintroduzione dell’orso voluto dalla stessa Provincia oltre vent’anni fa, finanziato con soldi pubblici chiesti e ottenuti da Trento all’Unione Europea, animali prima sterminati da caccia e urbanizzazione e poi usati come attrazione turistica e indotto commerciale.

Eppure, esiste sempre un modo per convivere serenamente con gli animali che vivono nel loro habitat.

Cosa fare?

Secondo WWF Italia sarebbe utile focalizzarsi sulle misure e sui corretti comportamenti che rendono possibile diminuire le probabilità di episodi di questo tipo. Esempi? Cartellonistica nei pressi dei sentieri, liberalizzazione dell’utilizzo dello spray anti-orso al peperoncino (bear spray), maggiore accessibilità all’informazione sulle aree di presenza di femmine con i piccoli, campagne di comunicazione con residenti e turisti sulle buone pratiche di comportamento in aree di presenza dell’orso.

Aspetti – dicono – sui quali la Provincia Autonoma di Trento è da tempo gravemente carente.

È la mancanza di implementazione di queste misure il vero rischio per il futuro. Con l’incremento della popolazione registrato negli ultimi anni in Trentino occorre migliorare la connettività ecologica con altre aree in modo che la popolazione di orso possa distribuirsi meglio sul territorio, costruire la coesistenza partendo dalla sicurezza dei cittadini, dalla responsabilizzazione dei turisti e dalle opere di prevenzione per gli allevamenti.

Seguici su Telegram Instagram | Facebook TikTok Youtube

Fonti: Provincia autonoma di Trento / OIPA / LAV

Leggi anche:

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin
Iscriviti alla newsletter settimanale
Seguici su Instagram