Leoni allevati in Sudafrica per diventare ingredienti di dolci, vino e medicine

In Sudafrica succede che animali selvatici come leoni vengano allevati per poi commercializzare le loro ossa. Nonostante l’indignazione internazionale da parte delle organizzazioni per la conservazione, tutto ciò continua ad accadere.

In Sudafrica succede che animali selvatici come leoni vengano allevati per poi commercializzare le loro ossa. Nonostante l’indignazione internazionale da parte delle organizzazioni per la conservazione, tutto ciò continua ad accadere. Ecco cosa viene denunciato in due report.

Nel 2017, il ministro dell’Ambiente sudafricano, Edna Molewa aveva fissato a quota 800 il numero di leoni da abbattere, ma nel 2018 lo stesso ministro ha quasi raddoppiato a 1500 e il Dipartimento per gli affari ambientali non ha mai specificato i motivi su cui stabilire o espandere la quota.

A denunciarlo sono due ricerche investigative che raccontano il triste mondo dell’allevamento di leoni in cattività in Sudafrica dove gli animali selvatici ‘servono’ per il commercio di ossa, legale e illegale, in Asia.

Il primo report è The Extinction Business curato dalla EMS Foundation con BAN, Animal Trading, il secondo è The economics of captive predator breeding in South Africa prodotto dal South African Institute of International Affairs (SAIA).
Secondo i report si stima che tra 7mila e 8mila leoni vivano in cattività in 300 strutture, letteralmente sono allevati per la cosiddetta ‘caccia in scatola’, ovvero per le loro ossa che vengono poi utilizzate nella medicina cinese.

In realtà, le ossa di leone sono spacciate nel mercato nero come ossa di tigre che secondo i cinesi, avrebbero il potere di curare reumatismi e impotenza. Vengono poi utilizzate per produrre un dolce, una barretta fatta anche con guscio di tartaruga e il vino di ossa di tigre che conferirebbe a chi lo beve energia e vigore.

Il tutto è documentato nei report dove si sottolinea che nessun altro paese, oltre il Sudafrica è autorizzato ad esportare le ossa di leone. C’è poi da dire, denunciano i report, che non esiste un database, quindi non si sa neanche quante strutture ci siano o un numero reale dei leoni in cattività.

“Sono decisamente costernato perché non esistono legittime motivazioni scientifiche per esportare gli scheletri”, dice Luke Hunter, direttore della conservazione di Panthera, gruppo internazionale per la conservazione dei grandi felini.

Come funziona?

Lo scheletro di un leone può arrivare a costare fino a 1500 dollari, le ossa sono vendute a quasi 800 dollari al chilo. Queste vengono importate in Asia e poi rivendute a peso d’oro. Una relazione di CITES sostiene che nel 2017 sono stati esportati 3469 scheletri.

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Dominella Trunfio

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