Annualmente in Italia circa 25mila tartarughe vengono catturate accidentalmente dalle reti a strascico, mentre l'80% delle Caretta caretta che vive nel Mediterraneo ha ingerito rifiuti di plastica: per queste creature iconiche la vita sta diventando sempre più insostenibile e la colpa è principalmente dell'uomo
Oggi si celebra la Giornata mondiale delle tartarughe marine, ma per questi affascinanti animali c’è ben poco da festeggiare. Sono decisamente troppe le minacce che devono affrontare quotidianamente a causa dell’uomo: riscaldamento delle acque di mari e oceani, pesca accidentale e inquinamento.
Per le specie che vivono nel Mediterraneo sopravvivere sta diventando sempre più difficile. Circa l’80% degli esemplari di Caretta caretta, la specie più comune nel nostro mare, ha ingerito rifiuti di plastica. A fornire questo dato drammatico è il WWF, che in occasione del World sea turtle day, ha pubblicato un report dal titolo “Italia, penisola delle tartarughe”, che racconta la vita e i pericoli affrontati da queste creature iconiche e i progetti portati avanti per tutelarle.
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Le minacce più grandi che devono affrontare le tartarughe marine
Nelle acque del Mediterraneo vivono tre specie di tartaruga marina: la tartaruga comune (Caretta caretta), la tartaruga verde (Chelonia mydas) e, sebbene più rara, la tartaruga liuto (Dermochelys coriacea). Questi animali nidificano principalmente sulle coste orientali del bacino, mentre la tartaruga comune Caretta caretta è l’unica che nidifica regolarmente lungo le coste italiane, soprattutto al Sud
Negli ultimi cinque anni (2016-2021) è stato registrato un aumento nel numero dei nidi che, tuttavia, rappresentano solo alcune decine di unità dei circa 8mila dell’intero Mediterraneo. Una delle più importanti aree di alimentazione per la specie Caretta caretta è l’Adriatico.
Il Mediterraneo rappresenta una zona chiave per le tartarughe, ma – come anticipato – presenta troppe insidie.
È il mare che si sta scaldando più velocemente ed è “invaso” dai rifiuti: ogni anno, 570 mila tonnellate di plastica finiscono in mare. – evidenzia il WWF – Questi due fattori, insieme alle attività da pesca intensiva e all’impatto con i natanti, agiscono su tutte le fasi del ciclo vitale delle specie di tartarughe marine, che nella lista Rossa della IUCN, compaiono come a rischio di estinzione (tranne la tartaruga a dorso piatto, Natator depressus, ancora classificata come Carente di Dati).
Oltre alla piaga delle plastica, una delle più gravi minacce è rappresentata dalla pesca accidentale. Soltanto nel Mediterraneo, infatti, oltre 150.000 tartarughe ogni anno vengono catturate accidentalmente da ami da pesca, lenze e reti e oltre 40.000 finiscono per rimetterci la vita. Per quanto riguarda il nostro Paese i numeri sono allarmanti: ogni anno 25.000 esemplari vengono catturate da reti a strascico.
L’importante ruolo dei centri di recupero e dell’attività di monitoraggio sulle spiagge
Nella salvaguardia delle tartarughe marine svolgono un ruolo fondamentale i vari centri di recupero sparsi per l’Italia, che hanno lo scopo di curare e riabilitare gli animali recuperati con ferite di diversa entità. Le tartarughe ricevono le cure veterinarie di cui hanno bisogno e, se possibile, vengono liberate in mare dopo la guarigione.
Inoltre, il WWF e altre associazioni ogni anno organizzano una serie di attività sensibilizzare il pubblico, non solo sulla biologia e l’ecologia delle tartarughe, ma soprattutto sulle minacce e le iniziative di conservazione.
“Centinaia di volontari partecipano ogni anno ai campi estivi dedicati al monitoraggio e alla sorveglianza dei nidi di tartaruga in Sicilia, Basilicata, Calabria, Puglia, Toscana e Campania; attività di recupero e studio delle tartarughe si svolgono anche in Alto Adriatico: in Friuli grazie al coordinamento dell’Oasi WWF di Miramare, e in Veneto” spiega il WWF.
Per quanto riguarda le attività di monitoraggio delle tartarughe e dei loro nidi negli ultimi anni sono aumentate grazie anche al progetto Life Euroturtles e, ogni estate, coinvolgono centinaia di volontari, affiancati da operatori esperti. E i risultati raggiunti grazie a questi sforzi di monitoraggio sono stati rincuoranti. Solo nel 2020 in Italia i volontari ed esperti del WWF Italia sono intervenuti su 108 nidi da cui sono nati più di 5.000 piccoli che hanno raggiunto il mare.
“La maggior parte dei nidi sono stati identificati in Sicilia, ben 81, seguita dalla Calabria con 26 e dalla Basilicata con 1 nido. Il risultato è da considerarsi particolarmente significativo se si pensa che nel 2019 i nidi ritrovati erano stati 46, 26 nel 2018.” conclude il WWF.
Il futuro delle tartarughe marine è nelle nostre mani. Sta a noi proteggerlo.
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