La Cathay Pacific non trasportera’ più sui suoi aerei pinne di squalo

Le pinne di squalo non voleranno più con la Cathay Pacific. La compagnia aerea, pur avendo sede a Hong Kong, dove la domanda per la tradizionale zuppa di pinne di squalo continua ad aumentare, bandisce il loro trasporto a bordo dei suoi cargo.

Le pinne di squalo non voleranno più con la Cathay Pacific. La compagnia aerea, pur avendo sede a Hong Kong, dove la domanda per la tradizionale zuppa di pinne di squalo continua ad aumentare, bandisce il loro trasporto a bordo dei suoi cargo.

La Cathay Pacific ha deciso di fermare il poco sostenibile trasporto di squali e prodotti affini -si legge nella nota diffusa dalla compagnia, come riportato da The StandardCi sono ormai prove scientifiche molto convincenti che sostengono come questa sia la cosa giusta da fare per una società impegnata alla sostenibilità. In particolare, a causa della natura vulnerabile degli squali, con la loro popolazione in rapido declino a causa dell’impatto del loro sovra-sfruttamento, trasportarne parti è in contrasto con il nostro impegno per lo sviluppo sostenibile”.

La Cathay Pacific non è la prima compagnia ad aver intrapreso una misura di questo tipo, come spiega l’Afp: anche le catene di alberghi di lusso Shangri-La e La Penisola hanno vietato di servire la famosa zuppa di squalo, mentre la NTUC FairPrice, famosa catena di supermercati locali, ha detto stop alla vendita di prodotti a base di squalo. Eppure, Ogni anno, si stima che vengano uccisi dai 30 mila ai 73 mila squali solo per le loro pinne, una caccia che ha contribuito significativamente alla riduzione di circa 1/3 di tutte le specie di squali prossime all’estinzione.

La Cina rimane il più grande consumatore di pinne di squalo, con circa 10.000 tonnellate spedite verso Hong Kong ogni anno. Così, mentre il divieto della Cathay Pacific entrerà gradualmente in vigore nel corso dei prossimi tre mesi, sarà difficile fermare un commercio che fa gola sia in senso letterale ai consumatori, che in senso figurato ai produttori, già sul piede di guerra per difendere i loro loschi affari.

Roberta Ragni

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