Il 23 dicembre del 1941 usciva Dumbo in Italia, ma in pochi sanno che l'elefantino triste è realmente esistito. Tuttavia la sua storia non ha alcun lieto fine...
Il suo vero nome era Jumbo e nacque nel 1860 in Sudan. Dopo la morte della mamma, uccisa dai cacciatori, il piccolo venne catturato da un altro cacciatore di elefanti sudanese, Taher Sheriff. Fu poi venduto a Lorenzo Casanova, commerciante ed esploratore di animali italiano. Noto anche come Jumbo the Elephant e Jumbo the Circus Elephant, fu un elefante africano strappato alla sua terra natale e portato a Jardin des Plantes, uno zoo a Parigi, per poi essere trasferito nel 1865 allo zoo di Londra, in Inghilterra.
Qui il povero elefante subì la rottura di entrambe le zanne schiantandosi contro la pietra del suo recinto. I suoi viaggi non finirono qui. Dopo essere stato portato dall’Africa all’Europa, nonostante le numerose proteste, Jumbo fu venduto al circo Barnum & Bailey. Anche allora la sua storia, quella vera, toccò i cuori di tutti: 100.000 bambini scrissero alla regina Vittoria implorandola di non vendere l’elefante ma il povero animale fu portato comunque negli Stati Uniti. A New York, Barnum espose Jumbo al Madison Square Garden sponsorizzando l’evento come “Jumbo, l’animale più grande del mondo” e guadagnando abbastanza in tre settimane da recuperare i soldi spesi per comprarlo.
Jumbo, il povero elefante ‘pazzo’
Purtroppo, l’animale è tristemente noto anche come l’elefante pazzo. Se di giorno era l’immagine vivente della gentilezza e trasportava in groppa anche i bambini, di notte Jumbo aveva esplosioni di violenza e distruggeva l’area in cui veniva rinchiuso per dormire.
La spiegazione di Bartlett, direttore dello zoo, era alquanto discutibile. Jumbo stava raggiungendo i 20 anni, la colpa era dei suoi ormoni. Il suo custode era Matthew Scott, che per calmare l’animale spesso gli dava del whisky. Lo stesso Scott ne raccontò la storia nella sua autobiografia.
Il trucco funzionava perché l’elefante si ubriacava. Oggi sappiamo che gli attacchi di rabbia erano causati dall’assunzione costante di dolci, così dannosi e lontani rispetto alla dieta che avrebbe dovuto seguire. Fu questa la conclusione raggiunta da Richard Thomas, archeologo dell’Università di Leicester nel Regno Unito, dopo aver esaminato i resti di Jumbo in occasione del documentario della BBC “Attenborugh and The Giant Elephant”.
L’analisi dello scheletro da parte degli archeologi inglesi ha stabilito che “Jumbo” aveva “ferite che dovevano essere molto dolorose, probabilmente causate dall’onere di trasportare migliaia di visitatori”
Thomas ha anche scoperto che, oltre ai denti, altre parti del suo corpo avevano caratteristiche insolite, in particolare le articolazioni. Jumbo a 20 anni aveva in realtà lo scheletro di un elefante di 50.
La sua altezza fino alla spalla era di circa 3,23 metri al momento della sua morte, anche se Barnum sosteneva fosse di 4 m. Era una mezza verità. Jumbo aveva, sicuramente, una grande taglia per la sua età, superiore ai tre metri, quando la maggior parte dei suoi simili erano alti 2,70 m. Probabilmente se non fosse morto giovane avrebbe raggiunto quell’altezza.
La sua tragica morte
La sua morte, come la sua vita, fu triste. Era il 1885. Il circo aveva finito lo spettacolo a Saint Thomas, una città canadese. Gli animali erano già nelle loro gabbie, pronti a partire. Qui esistono due versioni. La prima sostiene che all’appello mancavano solo Jumbo e un cucciolo di elefante. Improvvisamente, una locomotiva apparve in direzione del piccolo. Jumbo cerco di proteggerlo col suo corpo e morì all’istante. La seconda racconta che mentre Jumbo saliva sul treno, un’altra locomotiva che veniva nella direzione opposta la spinse in avanti, ferendo l’animale e causandogli un’emorragia interna che lo avrebbe portato alla morte a soli 24 anni.
Una storia davvero molto triste, priva del lieto fine della versione prodotta da Walt Disney.
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