In montagna si sta verificando una vera e propria invasione di topi, ma l'aspetto anomalo è che c'è anche una moria di massa
In montagna si sta verificando una vera e propria invasione di topi, ma l’aspetto anomalo è che c’è anche una moria di massa. Sta accadendo in particolare in Friuli dove purtroppo sono stati trovati numerosi topolini morti nei torrenti
Un fenomeno, quello della cosiddetta pullulazione dei micromammiferi in montagna, molto difficile da affrontare. A parlarne è stato lo zoologo del Museo di Storia Naturale di Udine, Luca Lapini, intervistato da UdineToday.
Secondo il zoologo, negli ultimi giorni si è verificata un’eccezionale moria di micromammiferi in una pozza del torrente Arzino.
Siamo di fronte all’eccezionalità di un fenomeno del tutto naturale, e come tale meritevole adeguati approfondimenti. Il 6 maggio 2021 il dr. Vanone, della Regione FVG, ci ha chiesto come rispondere agli albergatori e malgari che in Tarvisiano lamentano impressionanti invasioni di roditori.
Il fenomeno in realtà sembra del tutto naturale ed era stato anche documentato in Val d’Arzino. Secondo quanto spiegato dal zoologo, si tratta di almeno 300 micromammiferi forestali morti annegati nelle acque dell’Arzino, probabilmente in seguito a caduta nella grossa gola scavata dal fiume poco più a monte della pozza in cui gli animali sono poi stati notati.
Secondo le prime ricostruzioni si tratta di esemplari di Adodemus flavicollis, ma è probabile che un loro attento studio riveli la presenza di diverse altre specie forestali.
Nei prossimi giorni avvieremo le operazioni di raccolta di questi animali, che oltre a rappresentare un fenomeno del tutto unico in Europa, ci daranno una finestra sulle popolazioni di micromammiferi che abitano i versanti della valle poco a monte del bacino di raccolta, ha aggiunto Lapini.
Il fenomeno delle pullulazioni ossia degli aumenti demografici improvvisi riguarda molte specie di roditori ma, pur essendo presente in tutta l’Europa, varia in base ai luoghi. Secondo l’esperto, sulle nostre montagne la presenza massiccia dei topi è condizionata da una produzione particolarmente abbondante di seme pesante da parte del faggio Fagus sylvatica e dell’abete rosso Picea abies:
Essa si definisce “pasciona forestale”, ed ha una frequenza variabile da zona a zona, alle nostre latitudini per lo più triennale, quinquennale o decennale. Le cause sono probabilmente legate al regime delle precipitazioni. Lo stress che deriva da estati secche stimola una particolare produzione di gemme vegetative, con una successiva grande produzione di seme pesante. Primavere-estati molto secche, inoltre, favoriscono l’impollinazione anemofila del faggio e dell’abete rosso al punto da sostenere ancora di più una produzione di frutti già ben avviata. A tarda estate-autunno alcuni roditori forestali ne approfittano. Se l’inverno successivo è abbastanza caldo, questi animali subiscono una mortalità autunnale ed invernale molto ridotta. A primavera il loro numero diventa superiore alla media. Sia per il loro numero, sia per l’abbondanza di alimento, essi iniziano a riprodursi in massa, innescando fenomeni di pullulazione che possono sorprendere per l’abbondanza di animali. Il crollo di queste popolazioni sovra-affollate è però molto rapido, sia per il pronto aumento dei predatori che le utilizzano come fonte di alimento, sia per il superamento della capacità portante dell’ambiente.
Ecco dunque perché aumentano e perché poi muoiono in massa. Come spiega l’esperto, oggi stiamo assistendo in particolare alla pullulazione di due roditori forestali: l’arvicola rossastra e il topo selvatico dal collo giallo.
Ciò certamente può influire sui sistemi ecologici delle nostre foreste. In questi periodi i predatori (Canidi, Felidi, Mustelidi, Falconiformi, Strigiformi, ecc.) si nutrono quasi esclusivamente di roditori, risparmiando altre prede (lepri, cuccioli di ungulato, galliformi), che subiscono a loro volta una mortalità molto inferiore alla norma. Per questo, negli anni successivi alle pullulazioni di roditori vi è anche un aumento delle più comuni specie preda.
Dobbiamo preoccuparci?
Affatto. Si tratta di un fenomeno noto, ciclico anche se in modo irregolare ma certamente positivo. Se da una parte, le persone si allarmano per la presenza di topi morti nei boschi e nelle campagna, ciò è spiegabile perché in queste condizioni di grande abbondanza i predatori uccidono più di quanto siano in grado di consumare innescando però una serie di processi naturali “fisiologici”. In ogni caso, le derattizzazioni chimiche sono da evitare perché rischiano di avvelenare l’intera catena alimentare.
Fonti di riferimento: UdineToday
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