Negli Stati Uniti sono stati trovati alcuni frammenti di virus dell'influenza aviaria in campioni di latte pastorizzato. Secondo la FDA americana, cioè, alcuni campioni di latte pastorizzato sono risultati positivi ai residui del virus dell'influenza aviaria che ha infettato le mucche da latte. Ma si tratterebbe, in ogni caso, di materiale “inattivo”
Frammenti di virus sono stati rilevati in campioni di latte pastorizzato: siamo negli States e qui sono diverse settimane, ormai, che un ceppo di H5N1 ad alta patogenicità sta contagiando le mucche da latte in diversi Stati. Lo comunica la Food and Drug Administration che, con i Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) e il Dipartimento dell’Agricoltura, sta indagando sull’epidemia di aviaria negli allevamenti.
L’agenzia ha sottolineato che il materiale è inattivato e che i risultati “non rappresentano un virus reale che possa costituire un rischio per i consumatori”.
Fino ad oggi, non abbiamo visto nulla che possa cambiare la nostra valutazione sulla sicurezza della fornitura commerciale di latte, scrive la FDA.
Non ci sono rischi per i consumatori, insomma, rassicurano le autorità sanitarie.
Ma cosa vuol dire? La pastorizzazione inattiva o no il virus?
L’influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI) è una malattia altamente contagiosa e spesso mortale nel pollame, causata dai virus dell’influenza aviaria A (H5) e A (H7) ad alta patogenicità; è anche conosciuta come influenza aviaria. I virus HPAI possono essere trasmessi dagli uccelli selvatici al pollame domestico e ad altre specie di uccelli e animali. Sebbene i virus dell’influenza aviaria normalmente non infettino gli esseri umani, si sono verificate sporadiche infezioni umane. È importante notare che “altamente patogeno” si riferisce a un impatto grave sugli uccelli, non necessariamente sugli esseri umani.
Il test Pcr, l’analisi che ha permesso di individuare la presenza virale, cerca tracce di materiale genetico, quindi, secondo gli studiosi, un risultato positivo non significa che il virus trovato sia vivo e infettivo.
Sulla base delle informazioni disponibili, è probabile che la pastorizzazione inattivi il patogeno, ma non è previsto che elimini la presenza di particelle virali”, spiega la Fda. Ad oggi – puntualizza l’agenzia – non abbiamo osservato nulla che possa cambiare la nostra valutazione secondo cui la fornitura commerciale di latte è sicura.
Il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA), la FDA e i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) continuano a indagare su un’epidemia di virus dell’influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI) che colpisce le vacche da latte in più Stati. L’infezione da virus sta causando diminuzione della lattazione, scarso appetito e altri sintomi nei bovini colpiti.
Secondo la FDA e l’USDA, sulla base delle informazioni attualmente disponibili, la fornitura commerciale di latte è sicura per due motivi:
- il processo di pastorizzazione
- la deviazione o distruzione del latte delle mucche malate
Il processo di pastorizzazione è stato utile alla salute pubblica da più di 100 anni. La pastorizzazione è un processo che uccide batteri e virus dannosi riscaldando il latte a una temperatura specifica per un determinato periodo di tempo per renderlo più sicuro. Anche se viene rilevato il virus nel latte crudo, in genere la pastorizzazione è in grado di eliminare gli agenti patogeni a un livello tale da non rappresentare un rischio per la salute dei consumatori. Tuttavia, la pastorizzazione è diversa dalla sterilizzazione completa: la sterilizzazione prolunga la durata di conservazione ma non è necessaria per garantire la sicurezza del latte.
Quasi tutto (99%) della fornitura di latte commerciale prodotto negli allevamenti da latte negli Stati Uniti proviene da allevamenti che partecipano al programma latte di grado “A” e seguono la cosiddetta ordinanza sul latte pastorizzato (PMO), che include controlli che aiutano a garantire la sicurezza dei prodotti lattiero-caseari. La pastorizzazione e la deviazione o distruzione del latte delle mucche malate sono due misure importanti che fanno parte del sistema di sicurezza del latte dello stato federale.
Come rilevato dall’USDA e da alcuni resoconti stampa dell’Organizzazione mondiale della sanità, la presenza del virus è stata rilevata nel latte crudo.
Sulla base delle informazioni disponibili, è probabile che la pastorizzazione inattivi il virus, tuttavia non si prevede che il processo rimuova la presenza di particelle virali. Pertanto, alcuni dei campioni raccolti hanno indicato la presenza di HPAI utilizzando il test quantitativo della reazione a catena della polimerasi (qPCR).
Nel corso dell’epidemia, la FDA ha valutato il latte degli animali colpiti, nel sistema di lavorazione e sugli scaffali. Stiamo completando un ampio campione nazionale rappresentativo, per comprendere meglio la portata di questi risultati. Poiché i risultati della qPCR non rappresentano un virus reale che potrebbe costituire un rischio per i consumatori, la FDA sta valutando ulteriormente eventuali risultati positivi attraverso test di inoculazione delle uova, un gold standard per determinare il virus vitale. Ad oggi, non abbiamo visto nulla che possa cambiare la nostra valutazione sulla sicurezza della fornitura commerciale di latte. I risultati di più studi saranno resi disponibili nei prossimi giorni o settimane.
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