La biodiversità ha subito un declino spaventoso: dal 1970 ad oggi è sparita dalla faccia della Terra quasi il 70% della fauna selvatica. Dietro questo fenomeno c'è lo zampino dell'uomo che, invece di proteggere gli habitat, sta seminando morte e devastazione
Indice
Nel giro di appena 50 anni siamo stati capaci di far sparire il 69% degli animali selvatici. A restituirci questa fotografia drammatica il report biennale del Wwf “Living Planet Report”, che fa il punto sullo stato di salute della Terra. E ciò che emerge dal monitoraggio è che il nostro Pianeta è ormai in codice rosso e con queste condizioni l’umanità non potrà andare avanti ancora per molto. Soltanto se proviamo ad arrestare o perlomeno a rallentare la crisi climatica possiamo sperare di fermare questo spaventoso declino della biodiversità, visto che i due fenomeni sono strettamente connessi.
Nell’ultimo mezzo secolo, infatti, la situazione è degenerata: in alcune aree del Pianeta, come l’America Latina e i Caraibi, la popolazione di animali selvatici ha subito una riduzione pari addirittura al 94%. Una cifra sconvolgente.
WWF's Living Planet Report 2022
#BREAKING! Species population numbers have plummeted by 69% on average since 1970. 🚨Nature is sending us an SOS: our life-line is in danger.💔We need to turn things around – now. Share this video to spread the word #ForALivingPlanet! #LivingPlanet #LPR2022
Posted by WWF on Wednesday, October 12, 2022
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Le aree del mondo in cui il declino della biodiversità sta avanzando a ritmi velocissimi e le cause
Il report appena presentato si configura come il più grande archivio di dati mai ottenuto dal Living Planet Index e l’analisi più completa sullo stato della natura globale. I dati parlano chiaramente: nonostante i proclami e gli inviti a fare di più per proteggere la natura, finora non è stato fatto abbastanza, anzi. Non vi è stato alcun segno di ripresa per la popolazione dei vertebrati, che sono andati incontro ad un declino inquietante.
Per il monitoraggio del WWF sono stati raccolti dati su quasi 32.000 popolazioni di 5.230 specie che vivono sulla Terra. E in certe aree la perdita di biodiversità ha galoppato in modo velocissimo.
Una parte del pianeta in cui abbiamo aumentato notevolmente la quantità di dati disponibili è l’America Latina, non ultima l’Amazzonia,
di cui presentiamo anche studi specifici. – si legge nel report – Ciò è di particolare importanza poiché i tassi di deforestazione sono in aumento. Abbiamo già perso il 17% dell’estensione originaria della foresta e un ulteriore 17% è stato degradato. Le ultime ricerche indicano che ci stiamo avvicinando rapidamente a un punto di non ritorno oltre il quale la nostra più grande foresta pluviale tropicale perderà le sue fondamentali funzioni.
Secondo quanto chiarito nel Living Planet Report, le principali cause del declino delle popolazioni di fauna selvatica sono i cambiamenti nell’uso del suolo e del mare, lo sfruttamento della vegetazione e degli animali, la crisi climatica, gli elevati livelli inquinamento, ma non solo. Fra le maggiori minacce che mettono a rischio la vita degli animali ci sono anche la caccia, il bracconaggio e la deforestazione, fenomeni molto diffusi particolarmente ai tropici.
“A meno che non limitiamo il riscaldamento globale a meno di 2°C, o preferibilmente 1,5°C, è probabile che il cambiamento climatico diventi la causa principale della perdita di biodiversità e del degrado degli ecosistemi nei prossimi decenni” mette in guardia il WWF.
Tra le specie più a rischio i delfini rosa di fiume e i gorilla di pianura
Ad aver subito le conseguenze più pesanti negli ultimi anni gli animali che vivono negli habitat d’acqua dolce. Come si legge nel report, infatti, dal 1970 queste popolazioni sono diminuite in media del 83%.
Gli ambienti di acqua dolce ospitano una ricca biodiversità (che include pesci, uccelli, rettili e anfibi), compreso un terzo delle specie di vertebrati. L’acqua dolce è anche essenziale per la nostra sopravvivenza e il nostro benessere negli usi domestici, nella produzione di energia, nella sicurezza alimentare e nell’industria – spiega il WWF – Sebbene le acque dolci ricoprano meno dell’1% della superficie del pianeta, più del 50% della popolazione umana vive entro 3 km da un corpo d’acqua dolce.
Questa vicinanza dell’uomo può rappresentare una minaccia per le specie e gli habitat di acqua dolce, inclusi molti hotspot di biodiversità a causa dell’inquinamento, della captazione dell’acqua o della modifica del flusso, dello sfruttamento eccessivo delle specie e della diffusione di specie invasive. Poiché gli ambienti di acqua dolce sono altamente connessi, le minacce possono diffondersi facilmente da un luogo all’altro.
Fra le specie più rischio troviamo anche animali affascinanti e iconici come i delfini rosa di fiume dell’Amazzonia, le cui popolazioni sono crollate del 65% tra il 1994 e il 2016 nella Riserva di sviluppo sostenibile di Mamirauá, nello stato brasiliano di Amazonas; i gorilla di pianura orientale, il cui numero ha subito un declino stimato dell’80% nel Parco nazionale di Kahuzi-Biega della Repubblica Democratica del Congo tra il 1994 e il 2019; e i cuccioli di leone marino dell’Australia meridionale e occidentale, il cui numero è calato di due terzi tra il 1977 e il 2019.
I passi da compiere per proteggere la fauna selvatica
Senza biodiversità la nostra Terra (e di conseguenza l’umanità) è spacciata. Per fare il punto sullo stato di salute dei nostri ecosistemi i leader mondiali si riuniranno a dicembre alla 15esima Conferenza delle Parti della Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD COP15). In vista del summit, il WWF chiede ai leader di impegnarsi per un accordo in “stile Parigi” in grado di invertire la perdita di biodiversità per raggiungere gli obiettivi ambientali del 2030.
Per invertire la perdita di natura e garantire un futuro più sicuro e sano per tutti è indispensabile dimezzare l’impronta globale di produzione e consumo entro il 2030. – conclude il presidente del WWF Italia Luciano di Tizio – Abbiamo bisogno di trasformare radicalmente la nostra cultura e la nostra società.
In Italia il WWF ha avanzato proposte concrete che ci auguriamo che il Parlamento che si insedia oggi e il governo che seguirà mettano al centro dell’agenda: entro un anno serve una legge sul clima, una per contrastare il consumo del suolo ed un Codice della Natura per razionalizzare tutte le norme a tutela della nostra biodiversità.
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Fonte: WWF
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