Un recente studio ha ricostruito digitalmente l'intera struttura del megalodonte, studiandone l'anatomia e l'alimentazione e dimostrando che il gigantesco squalo preistorico era un predatore transoceanico super-apice in grado di cibarsi di orche e altre grandi prede
È stato il più grande squalo mai vissuto sulla faccia della Terra e con i suoi 16-18 metri di lunghezza e con un peso di oltre 61 tonnellate il megalodonte, la creatura marina più temuta di sempre, aveva bisogno di nutrirsi di prede altrettanto gigantesche al pari delle orche assassine.
A rivelarlo è un nuovo studio condotto dalla Universität Zürich e pubblicato sulla rivista Science Advances. Partendo da una colonna vertebrale del megalodonte scoperta negli anni 60′ e conservata presso il Royal Belgian Institute of Natural Sciences un team di ricercatori internazionali ha ricreato l’intera struttura dello squalo tramite modelli computerizzati in 3D.
Fatta eccezione per i suoi denti, non vi sono oggi abbastanza fossili in grado di ricostruire l’intero corpo del megalodonte.
I denti di squalo sono fossili comuni a causa della loro composizione dura che consente loro di rimanere ben conservati. Tuttavia, i loro scheletri sono fatti di cartilagine quindi raramente si fossilizzano, ha affermato Jack Cooper, autore principale della ricerca.
Per tale motivo gli esperti hanno studiato più a fondo l’anatomia del megalodonte su uno schermo e hanno avanzato varie ipotesi circa l’alimentazione del grande squalo. I risultati suggeriscono che il megalodonte era un super predatore transoceanico.
Il peso è uno dei tratti più importanti di qualsiasi animale. Per gli animali estinti possiamo stimare la massa corporea con i moderni metodi di modellazione digitale 3D e quindi stabilire la relazione tra la massa e altre proprietà biologiche come la velocità e il consumo di energia, ha dichiarato John Hutchinson, coautore dello studio.
Il megaolodonte doveva cibarsi di circa 98.000 kilocalorie al giorno e avere un volume dello stomaco di quasi 10.000 litri. Per saziare la sua fame e consentirgli di percorrere lunghe distanze, il megalodonte era in grado di mangiare prede lunghe fino a 8 metri ossia le dimensioni di un’orca, principale predatore oceanico oggigiorno.
Questo gli garantiva nuotare per miglia e miglia senza doversi alimentare di nuovo per i successivi due mesi. Con la sua scomparsa, avvenuta circa 4 milioni di anni fa, la rete trofica marina è stata perciò interessata da un cambiamento significativo.
L’estinzione di questo iconico squalo gigante probabilmente ha avuto un impatto sul trasporto globale di nutrienti e ha liberato grandi cetacei da una forte pressione predatoria, ha spiegato Catalina Pimiento, professoressa della Universität Zürich.
Fonte: Science Advances
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