Green Hill, sentenza storica! Condannati per uccisione e maltrattamento 3 responsabili dell’allevamento

Oggi è una giornata storica per gli animali. Green Hill è stato condannato dal tribunale di Brescia per maltrattamento e uccisione di animali. Il sistema Green Hill, tutti i motivi della condanna, le foto dei cani liberi e le reazioni

Oggi è una giornata storica per gli animali. Green Hill è stato condannato dal tribunale di Brescia per maltrattamento e uccisione di animali.

Sono stati condannati il veterinario dell’allevamento (1 anno e 6 mesi di reclusione a fronte di una richiesta del pm di 3 anni e 6 mesi), il direttore della struttura (1 anno a fronte di una richiesta di 2), il co-gestore (1 anno e 6 mesi a fronte di una richiesta di 3). Assolto invece il consulente di Green Hill per il quale il pm aveva chiesto una condanna a due anni.

IL SISTEMA GREEN HILL – Gli imputati, quindi, hanno accumulato complessivamente quattro anni e due mesi di reclusione. Il giudice ha disposto inoltre la confisca dei cani e la sospensione della licenza di allevamento per due anni. Numerose le prove portate in aula dal Pubblico Ministero, a dimostrazione dell’esistenza di un “sistema Green Hill”, ovvero la pratica aziendale di uccidere i cani affetti da patologie per contenere i costi e perché non erano più idonei allo scopo.

Ad esempio cuccioli uccisi perché affetti da dermatite, un problema risolvibile con adeguate cure e alimentazione idonea, ma che ne pregiudicava l’utilizzo come cavie. Elevata la mortalità dei beagle: tra il 2008 e il 2012 sono stati contati ben 6023 decessi, un numero esorbitante, a fronte dei 98 decessi registrati nel periodo successivo al sequestro, di cui circa una cinquantina quando i cani erano ancora nell’allevamento in attesa di essere autorizzati al trasferimento. Costava per loro di meno farli riprodurre in continuazione e sostituire così i “difettosi”.

condonnati

PER SEMPRE LIBERI I BEAGLE CONFISCATI – Destino che sarebbe toccato anche ai 2.600 beagle confiscati dall’allevamento, che resteranno felici nelle abitazioni degli adottanti senza conoscere mai le gabbie dei laboratori. Il loro riscatto, e di tutti gli altri cani che, invece, non ce l’hanno fatta, è in questa sentenza memorabile, destinata a fare giurisprudenza e capace di fare emergere l’amara realtà delle sofferenze inflitte ai cani allevati a fini sperimentali dalla succursale della multinazionale Marshall.

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Una sentenza che è anche simbolicamente la vittoria di Davide contro Golia, l’affermazione delle ragioni antivivisezioniste in contrapposizione agli interessi di una potente multinazionale come la Marshall, ricorda la Lav, annunciando che chiederà l’imputazione dei veterinari dell’Asl di Lonato, dell’Istituto Zooprofilattico di Brescia e dei funzionari della Regione Lombardia e del Ministero della Salute, che in tutti gli anni passati avevano scritto che tutto era regolare nell’allevamento.

LE REAZIONI – “Con la sentenza di oggi si chiude la triste stagione degli allevamenti dei beagle da laboratorio. Animali che venivano trattati alla stregua di merci e non come esseri senzienti e che, in quanto tali, vedevano calpestato il loro diritto a una vita comunque dignitosa a prescindere dal fatto che fossero destinati alla sperimentazione. Questa sentenza è importantissima proprio perché afferma in modo inequivocabile che nessun essere vivente può essere costretto in condizioni di sofferenza e di deprivazione, tanto più se ciò avviene come conseguenza di un impiego per attività umane”, dichiara la presidente dell’Enpa Carla Rocchi.

“La sentenza di condanna di Green Hill è un riconoscimento a tutte e tutti coloro che in tanti anni hanno partecipato a manifestazioni a Montichiari e in tante altre parti d’Italia e del mondo, hanno digiunato, firmato petizioni, realizzato inchieste giornalistiche, presentato denunce, scavalcato barriere fisiche e ideologiche che difendevano l’indifendibile – ha detto Gianluca Felicetti, presidente LAV – sapendo bene che “Oltre il filo spinato di Green Hill”, la vivisezione esiste ancora e uccide quasi 3000 animali al giorno, tutti i giorni, solo nel nostro Paese, e non da alcuna risposta positiva alla nostra salute: per questo la nostra battaglia è continua”.

“Accogliamo con grande gioia la sentenza di condanna, emessa oggi dalla prima sezione penale del tribunale di Brescia, nei confronti dei responsabili dell’allevamento di Green Hill di Montichiari. Il successo di oggi è figlio di quell’esposto che Legambiente tre anni fa ha fatto contro l’allevamento di beagle, al quale è seguito il sequestro ordinato dalla Procura della Repubblica di Brescia delle strutture e di tutti i cani presenti nell’allevamento. Un risultato, quello arrivato oggi, che rappresenta una storica vittoria ed un prezioso riconoscimento per tutti coloro che si sono impegnati per salvare i cani, per chiedere la definitiva chiusura della struttura dove venivano maltrattati ed uccisi gli animali”, dichiara Rossella Muroni, direttrice generale di Legambiente.

I 14 PRINCIPALI ELEMENTI DI PROVA CONTRO GREEN HILL:

1) l’esorbitante numero di decessi di cani, che avveniva per mancanza di cure idonee: 6023 beagle morti tra il 2008 e il 2012.

2) Un unico veterinario doveva occuparsi di quasi 3000 cani, e dalle ore 18 alle 7 del mattino gli animali erano letteralmente abbandonati a loro stessi anche se malati. I beagle non venivano adeguatamente curati (es. emblematico il caso citato dal PM di un cucciolo affetto da diarrea emorragica, curato con una pomata per gli occhi!)

3) Beagle soppressi con inalazioni di isoflurane o iniezioni di Tanax somministrati senza pre-anestesia, causa di indicibili sofferenze

4) Il comportamento dei veterinari ASL che andavano a controllare la struttura era evidentemente doloso. La prassi di preavvisare le ispezioni della ASL a Green Hill era sedimentata e le ispezioni erano fatte in modo sommario. Il PM ha definito “superficiali” i controlli dell’istituto Zooprofilattico di Brescia. Mai nessuno è andato a verificare come e perché morivano i cani lì dentro

5) Incompletezza di verbali e registri di Green Hill: ad es. il registro di carico/scarico dei cani non era conforme, dunque impossibile sapere con esattezza quanti beagle erano presenti

6) L’uso di segatura scadente per le lettiere, causa di diversi decessi di circa 104 cuccioli, nonostante i dipendenti abbiano sempre negato; nello stesso manuale di Green Hill era previsto come intervenire in tali casi, con procedure molto dolorose

7) La foto agghiacciante di un dipendente di Green Hill, con un beagle morto e il cervello di fuori, che sorridente alza il dito medio

8) Lo sfruttamento delle fattrici

9) L’intenzione da parte di Green Hill di approfittare dell’introduzione nella struttura di alcuni manifestanti durante le proteste del 28 aprile 2012 per “sopprimere un numero maggiore di beagle con rogna demodettica”

10) La mancanza di aree di sgambamento per i cani

11) La promiscuità degli animali e il frequente contatto con le feci

12) La pratica di ammansire i cani appendendoli ad un’imbracatura per fargli perdere ogni cognizione sensoriale.

13) Il fattore ambientale: l’interno dei capannoni non era biologicamente puro (requisito per animali destinati ad esperimenti), tanto che l’impianto d’areazione aspirava aria dall’esterno; il caldo e l’umidità (accentuata fino al 65% nel capannone n.3 dall’acqua che veniva gettata sul tetto) erano un fattore di stress per gli animali e concausa di problemi sanitari (es. rogna, diarrea)

14) Il rappresentante legale di Green Hill, secondo i messaggi di posta elettronica acquisiti dal PM, cercò di chiedere all’FBI di spiare gli animalisti impegnati nelle proteste contro l’allevamento di beagle perché la società temeva che fra gli addetti si potesse infiltrare una “talpa” incaricata di passare informazioni e immagini compromettenti dall’interno dell’allevamento alle associazioni e alle Istituzioni che chiedevano a gran voce la chiusura della struttura.

E I BEAGLE FESTEGGIANO:

Roberta Ragni

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