Il granchio blu minaccia l'ecosistema marino e le attività di pesca in Italia. Per cercare di fermare questa specie aliena si stanno proponendo le soluzioni più disparate, dopo l'idea di utilzzarlo in cucina arriva quella di trasformarlo in asfalto
Il granchio blu è ormai da tempo al centro dell’attenzione nel nostro Paese dove sta creando una serie di problemi all’ecosistema marino e di conseguenza c’è molta preoccupazione.
Per chi ancora non lo sapesse, il granchio blu, noto scientificamente come Callinectes sapidus, è una specie di crostaceo originaria dell’Atlantico occidentale, che è diventata invasiva al di fuori del suo habitat.
La caratteristica colorazione azzurra e la prolificità nella riproduzione hanno contribuito a renderlo una presenza invadente anche in Italia dove è diventata una vera e propria minaccia, anche perché si nutre di cozze, vongole e crostacei.
Di conseguenza, sono sempre più numerose le proposte e le idee che puntano a trasformarlo da predatore distruttivo/ problema in risorsa sostenibile.
C’è chi ha pensato, ad esempio, di rendere questo granchio protagonista di alcune ricette (anche se non tutti sono d’accordo ad usarlo in cucina). Leggi anche: Granchio blu, perché cucinarlo non è la soluzione all’emergenza
Tra le proposte per gestire questa emergenza, ora c’è anche la possibilità di usarlo per la produzione di asfalto.
Nel convegno “Ricerca ed innovazione per l’economia blu sostenibile: il paradigma di Venezia e le prospettive europee“, organizzato dalla Fondazione Venezia Capitale Mondiale Sostenibilità, Corila e Cnr-Ismar sull’isola di San Servolo, è stata discussa questa insolita prospettiva.
Come ha spiegato la direttrice di Coldiretti Veneto, Marina Montedoro:
Considerato che si mangia esclusivamente il maschio, non la femmina né i piccoli, e che solo il 4% del pescato può dunque essere adibito al consumo umano, le strategie di emergenza da attuare sono la cattura e il macero. Per fare di questo rifiuto speciale una risorsa si sta provando a utilizzarlo come polimero per fare il selciato; già succede con i gusci di cozze e vongole.
Ma le possibilità non finiscono qui. Montedoro aggiunge:
Un’altra ipotesi che vorremmo testare a breve con l’Istituto Spallanzani è immettere il granchio blu nell’alimentazione zootecnica, vista la buona percentuale di proteine che contiene. Due settimane fa sono iniziate le prove con tre impianti di biodigestione sul litorale lagunare autorizzati a trattare sottoprodotti. L’idea è usare il granchio blu per la produzione di biometano. Se i risultati saranno soddisfacenti si passerà alla scala impiantistica.
Il futuro del granchio blu sembra essere più che mai incerto, pensate che queste soluzioni possano essere davvero utili?
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Fonte: Corriere del Veneto
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