L’invasione del granchio blu che minaccia la biodiversità del Mediterraneo

Nel Mediterraneo centrale il granchio blu (portunus segnis) sta lentamente invadendo le coste libiche e tunisine. Ma c'è da preoccuparsi.

Nel Mediterraneo centrale il granchio blu (portunus segnis) sta lentamente invadendo le coste libiche e tunisine. Originario del Mar Rosso (e per questo “specie aliena”), il piccolo animale bluastro sta generando non poche preoccupazioni tra gli esperti. Perché?

In effetti, il presidente del Distretto della Pesca e Crescita Blu Giovanni Tumbiolo e il Sottosegretario di Stato tunisino con delega al mare Abdallah Rabhi, insieme a studiosi, biologi marini ed esperti, hanno lanciato l’allerta della presenza del “Blue crab”, capace di alterare gli equilibri ecologici e minacciare la biodiversità e la pesca nel mare della Tunisia.

Il granchio blu è una specie molto vorace, è un predatore onnivoro molto più grande di qualsiasi altro granchio nativo del mare e che da adulto praticamente non ha predatori. È nativo nell’Oceano Indiano Occidentale, dal Pakistan fino al Golfo Arabico, sulla costa orientale dell’Africa, Madagascar, Maurizio e Mar Rosso (fonte). Si sta espandendo a macchia d’olio e di esso sono stati ad oggi pescati esemplari fino a 80 metri di profondità e molti sono i danni che ha provocato alle reti dei pescatori e alle larve di altri crostacei e molluschi, tanto che in Tunisia è crollata la produzione di gamberoni.

Il granchio bluspiega Franco Andaloro, esperto dell’Osservatorio della Pesca del Mediterraneo – è una specie aliena che in questo momento sta diventando invasiva nel Mediterraneo Centrale sconvolgendo gli equilibri ecologici e l’economia della pesca in Tunisia. Contemporaneamente, è stata già segnalata la sua presenza nei mari italiani. Un altro fenomeno estremamente importante riguarda una specie di crostaceo mediterraneo, un tempo raro, che oggi sta letteralmente colonizzando i fondali a gambero bianco dove operano le flotte italiane”.

foto granchio

Fonte foto

Da qui a collegare il fenomeno ai cambiamenti climatici il passo è breve. Il riscaldamento globale, infatti, favorirebbe la diffusione di questa specie tropicale e sono questi avvenimenti che facilmente si collegano “allo stato di sofferenza del Mediterraneo e vanno studiati ed affrontati, con ricerche congiunte fra Italia e Tunisia, attraverso percorsi di mitigazione e adattamento fra i quali l’educazione e la sensibilizzazione nei confronti dei consumatori affinché queste specie diventino una risorsa alimentare. Interessanti ricerche in questi campi sono portate avanti dalla Stazione Zoologica “Anton Dohrn” di Napoli”.

Germana Carillo

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