Scroprire tutti insieme il linguaggio delle balene. Un esperimento globale in stile 'crowdsourcing'. E' l'idea di un gruppo di studiosi americani e britannici, che hanno lanciato un appello agli appassionati di fauna selvatica di tutto il mondo affinchè collaborino per la decodifica del misterioso canto delle balene.
Scroprire tutti insieme il linguaggio delle balene. Un esperimento globale in stile ‘crowdsourcing’. È l’idea di un gruppo di studiosi americani e britannici, che hanno lanciato un appello agli appassionati di fauna selvatica di tutto il mondo affinché collaborino per la decodifica del misterioso canto delle balene.
Gli “scienziati-cittadino”, come li hanno definiti gli stessi esperti, dovranno studiare circa 15 mila registrazioni di onde sonore emesse da ‘balene pilota’ e orche di tutto il pianeta. L’obiettivo sarà scoprire nuovi dialetti e forme comunicative dei mammiferi più grandi al mondo.
Il ‘Progetto Balena’, o ‘Whale Project’ per americanizzarci, è stato lanciato oggi dalla presitigiosa rivista statunitense Scientific American e dall’organizzazione ‘Zooniverse‘. Si tratta del primo tentativo, sul campo, di sperimentare la rete di ‘crowdsourcing’, ovvero un modello di business nel quale un’azienda richiede lo sviluppo di un servizio o di un prodotto ad un insieme di persone raccolte in una comunità virtuale. Già nel 2007, per studiare le immagini scattate dal telescopio spaziale Hubble, si richiese l’aiuto d’innumerevoli astronomi dilettanti.
Agli specialisti improvvisati, tuttavia, attraverso il canale whale.fm verrà chiesto di analizzare e confrontare i diversi modelli di onda sonora (e spettrogrammi), emessi dai cetacei. Ogni riproduzione audio rimanda ad una posizione specifica nel mare, o geotag, in modo che gli scienziati possano poi ricondurre il canto a precise famiglie di balane.
Il professore Ian Boyd, uno dei collaboratori del progetto presso l’Università di St Andrews, ha dissipato ogni dubbio circa la domanda che qualsiasi lettore avrà cominciato a farsi dalla lettura delle prime dieci righe: perché prendere degli ‘scienziati non scienziati’ invece di far analizzare i suoni ad un calcolatore? “Perché l’orecchio umano – ha sentenziato il prof. – è meglio di qualsiasi computer“.
A fargli eco il direttore editoriale della Scientific American: “Non c’è bisogno di una laurea, ma solo di curiosità sul mondo che ci circonda e molta osservazione. Bisogna solo riportare ciò che si sente, e ciò che si vede sugli spettrogrammi“.
“Se questi animali hanno una qualche forma linguistica o tradizione comunicativa, noi vogliamo scovarla“, ha poi concluso Boyd. “Le balene, seppur della stessa specie, emettono suoni diversi, e questo significa che hanno ereditato il loro linguaggio dai propri genitori“.
AR