Animalista uguale terrorista. È questo lo stereotipato spauracchio che la Joint Terrorism Force Task dell’FBI vuole far passare, come dimostra un documento del 2003 in cui descrive nel dettaglio il lavoro di molti attivisti per i diritti animali che usano l’investigazione sotto mentite spoglie per documentare le ripetute violazioni degli animali. In cui si raccomanda affinché questi animalisti che portano alla luce gli abusi negli allevamenti intensivi vengano indagati come terroristi. Il fascicolo è stato ora portato alla luce dal Freedom of Information Act, una legge sulla libertà di informazione, emanata negli Stati Uniti il 4 luglio 1966, che impone alle amministrazioni pubbliche una serie di regole per permettere a chiunque di sapere come opera il Governo federale, garantendo l’accesso totale o parziale ai documenti classificati.
Animalista uguale terrorista. È questo lo stereotipato spauracchio che la Joint Terrorism Force Task dell’FBI vuole far passare, come dimostra un documento del 2003 in cui descrive nel dettaglio il lavoro di molti attivisti per i diritti animali che usano l’investigazione sotto mentite spoglie per documentare le ripetute violazioni degli animali. In cui si raccomanda affinché questi animalisti che portano alla luce gli abusi negli allevamenti intensivi vengano indagati come terroristi. Il fascicolo è stato ora portato alla luce dal Freedom of Information Act, una legge sulla libertà di informazione, emanata negli Stati Uniti il 4 luglio 1966, che impone alle amministrazioni pubbliche una serie di regole per permettere a chiunque di sapere come opera il Governo federale, garantendo l’accesso totale o parziale ai documenti classificati.
“Entrano illegalmente nelle proprietà degli allevamenti e filmano le condizioni degli animali”, scrive l’FBI nel documento. Quando portano in salvo gli animali dalle condizioni di abuso “non viene fatto in modo anonimo nelle stile di gruppi clandestini –spiega la task force- come L‘Animal Liberation Front, ma come un atto di disobbedienza civile non violenta. Gli attivisti distribuiscono comunicati stampa e rilasciano interviste ai media prendendosi la responsabilità per le proprie azioni”. Per questo, gli attivisti sono dei presunti terroristi.
E tra questi criminali attentatori ci sarebbe anche Ryan Shapiro, il “subject 1” del documento, volto noto alle cronache statunitensi per l’impegno contro lo sfruttamento animale. Sarebbe colpevole di crimini terroristici, insieme ad altri 4 attivisti, per aver realizzato, nel 2003, alcuni video di crudeltà verso gli animali. Perché, così facendo, ha violato l’Animal Enterprise Terrorism Act (AETA), una legge federale degli Stati Uniti che fa divieto ad ogni persona di intraprendere atti che abbiano il fine di danneggiare o interferire con le attività di una azienda che utilizzi gli animali. E che allarga la definizione di “animal enterprise” anche alle attività accademiche o commerciali che usano o vendono animali o prodotti animali.
Ma accusare gli attivisti di terrorismo, spiegano gli animalisti, è un chiaro tentativo orchestrato dalle corporation di mettere a tacere tutti quei movimenti che lottano in difesa dei diritti animali, per questo nel mirino sono finiti proprio coloro che fanno investigazioni sotto mentite spoglie. “La difesa dei profitti di queste aziende passa proprio attraverso questa accusa di terrorismo”, sostiene lo stesso Shapiro.
“Questa legge è il risultato di una campagna coordinata per colpire gli attivisti per i diritti animali che, come notano gli agenti dell’FBI, causano perdite economiche alle imprese”, rincara la dose Will Potter, autore del blog “Green is the new red” e dell’omonimo libro. Insomma, le lobby industriali sarebbero disposte a ricorrere a qualsiasi mezzo pur di proteggere i loro investimenti negli allevamenti intensivi e nelle ricerche sulla vivisezione. Pur di ostacolare la diffusione di immagini scabrose provenienti dai luoghi di sfruttamento.
Per leggere il file dell’FBI clicca qui
Roberta Ragni