In un mondo già sommerso dalla plastica, la pandemia Covid ha aggravato la situazione dei rifiuti dispersi in mare con guanti e mascherine
In un mondo già sommerso dalla plastica, la pandemia Covid non ha fatto altro che peggiorare la situazione già grave: mascherine, guanti e altri dispositivi sanitari sono diventati i rifiuti più diffusi al mondo e il loro impatto sull’ambiente è enorme.
Nel 2019 il mondo ha prodotto globalmente circa 368 tonnellate di plastica – una cifra insostenibile per il nostro ecosistema. Anche se nei due anni successivi l’Unione Europea ha leggermente (e costantemente) diminuito la produzione di plastica, i numeri restano ancora troppo alti – senza contare la difficoltà derivante dai processi di smaltimento di questo materiale, di cui il 40% è costituito da imballaggi. Oltre a ridurre la produzione di rifiuti plastici, l’UE ha recentemente varato la Plastic Tax (in vigore da luglio nel nostro paese) e messo al bando la plastica monouso grazie all’entrata in vigore della Direttiva (UE) 2019/904.
Purtroppo però gli effetti del Coronavirus iniziano a farsi sentire anche dal punto di vista ambientale: 7 miliardi di mascherine monouso vengono buttate ogni giorno nel mondo (900 milioni solo nell’Unione Europea). Le mascherine sono realizzate in fibre di plastica e sono potenzialmente infette, pertanto non possono essere riciclate. Molte di queste si disperdono nell’ambiente trasformandosi in trappole per animali che vengono spesso soffocati dagli elastici o che vi rimangono incastrati senza riuscire a liberarsi. Numerose sono le specie animali coinvolte nell’emergenza: sono stati già osservati pesci, tartarughe, mammiferi marini e uccelli che le hanno ingerite intere o sono rimasti vittime degli elastici. La mascherina, inoltre, dopo poche settimane di permanenza nell’ambiente si frammenta in microfibre, che possono accumulare e rilasciare sostanze chimiche tossiche e microrganismi patogeni. Ciò che si è dimostrato necessario per la salvaguardia della nostra salute ha un caro prezzo per l’ambiente.
Oggi si celebra la Giornata Internazionale delle Tartarughe Marine. La tartaruga marina è una delle specie più a rischio ingestione e intrappolamento dovuto ai rifiuti plastici dispersi in mare: solo negli ultimi sei mesi delle 230 tartarughe marine che sono state trovate in difficoltà e portate nei centri di recupero WWF di Molfetta e Policoro, circa 30 hanno rilasciato plastica nelle vasche o comunque avevano rifiuti di plastica nello stomaco o nell’intestino, che hanno provocato conseguenze più o meno gravi sulla loro salute.
Il WWF ha realizzato un report che analizza come la pandemia abbia peggiorato la situazione dei rifiuti e dell’inquinamento in un biennio – quello 2020/2021 – che avrebbe dovuto segnare la svolta nella lotta dei rifiuti di plastica in natura e che invece ha visto dilagare l’emergenza dei rifiuti da Covid. QUI è possibile leggerlo.
Come aiutare le tartarughe marine
Per tutelare questi bellissimi animali, Legambiente Onlus lancia il nuovo servizio SOS Tartarughe: un numero unico per raccogliere le segnalazioni di tracce o di piccoli di tartaruga sui litorali italiani: 3492100989
https://www.facebook.com/TartaLoveit/videos/575018023466327
Cosa fare se trovi tartarughe in difficoltà?
Non inseguite l’animale e non tagliargli la strada con la barca, ma limitatevi a osservarlo a distanza di sicurezza. Se notate che presenta elementi di sofferenza, ad esempio se non si immerge e resta resta ferma a lungo, se sanguina molto o presenta pezzi di rete o lenze intorno al corpo, contattate immediatamente la Capitaneria di porto al numero 1530 e avvisate il personale specializzato di un Centro di Recupero Tartarughe Marine.
Se vi capita di vedere una tartaruga ferita o in difficoltà lungo una passeggiata sulla spiaggia, contattate la Capitaneria di porto, segnalando la posizione e lo stato dell’animale.
E ricordiamoci di cercare di eliminare la plastica dalle nostre e dalle loro vite.
Fonte: WWF