Leoni, addio: il re della savana rischia di sparire dalla faccia della Terra per colpa dell’uomo

Non c'è pace per i leoni. Sul nostro Pianeta ne restano appena 30mila esemplari. Bracconaggio, perdita dell'habitat e la pratica spietata "dell'allevamento in scatola" stanno rendendo sempre più difficile la vita di questi affascinanti felini

Maestoso, fiero, da sempre simbolo di coraggio: si celebra oggi la Giornata mondiale del leone, ma per questa specie iconica e affascinante c’è ben poco da festeggiare. Il re della savana è ormai sull’orlo dell’estinzione. Nel giro di un secolo si è anni si è passati da 200mila esemplari a poco meno di 30mila.

E la scomparsa di questi animali non accenna ad arrestarsi. Soltanto nel corso dell’ultimo ventennio nel continente africano si è assistito ad un declino pari al 43%, secondo  quanto riferito dal’IUCN (Unione internazionale per la conservazione della natura).

I leoni ad oggi vivono in 27 Paesi africani, mentre la specie invece ormai estinta in 26 Stati in cui abitavano in origine. Dietro questo drammatico fenomeno, ancora una volta, c’è lo zampino dell’uomo.

Tra bracconaggio e perdita dall’habitat, la sopravvivenza dei leoni è sempre più minacciata

Sono troppe le minacce con cui i leoni si ritrovano a convivere ogni giorno. Fra le principali vi è la perdita dell’habitat, provocata dall’urbanizzazione e dalla deforestazione selvaggia. Molti dei territori che fino a qualche anno fa ospitavano i leoni e altre specie ora vengono sfruttati per la produzione agricola per l’estrazione mineraria. La crescente frammentazione non fa che contribuirfe alla perdita di diversità genetica, rendendo i leoni più vulnerabili alle malattie e diminuendo il successo riproduttivo della specie. Ciò avviene perché sparendo gli habitat diminuiscono anche le prede disponibili per i leoni.

A rappresentare un altro grave pericolo per il re della savana è il bracconaggio. I leoni sono tristemente noti per essere vittime di sfruttamento da parte di cacciatori spietati.

Nonostante la specie sia protetta dal 1975 nella CITES (la convenzione internazionale che regola il commercio di animali e piante e loro parti), questi animali continuano ad essere fra i più trafficati al mondo per il commercio di pellicce e altre parti del corpo. Negli ultimi anni si è assistito anche aumento della richiesta sul mercato nero di ossa e altre parti di leone, impiegate per la medicina tradizionale cinese, in sostituzione dei prodotti derivanti dalla tigre, sempre più difficili e costosi da reperire.

Il crudele business della caccia ai trofei

Nonostante le mobilitazioni da parte di attivisti per gli animali, ancora oggi in Africa è molto radicata una tradizione sanguinaria che ogni anno porta alla morte centinaia di leoni. Questi esemplari vengono uccisi per puro divertimento e le loro pellicce e ossa vengono poi rivendute a caro prezzo. Il loro destino è spesso segnato fin dalla nascita: in Sudafrica, tantissimi cuccioli vengono rinchiusi in recinti e in veri propri lager e messi a disposizione dei turisti per fare foto e video ricordo.

Ma ciò che li riserva dopo è terrificante: dopo essere stati “allevati in scatola”, vengono lasciati in mano ai bracconieri, assetati di sangue. C’è anche chi è disposto a pagare 4mila dollari per uccidere una leonessa. In questo crudele business anche i Paesi europei (Italia compresa) sono complici. Basti pensare che l’UE è il secondo importatore al mondo di trofei di caccia. Verso il nostro continente vengono trafficati, infatti, leoni ma anche tante altre specie vulnerabili come elefanti e zebre.

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Fonti: WWF/Humane Society

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