Lanciata per la prima volta nel 2012, oggi 12 agosto si celebra come ogni anno la Giornata mondiale dell'elefante (World Elephant Day) per sensibilizzare sulle minacce che incombono sugli elefanti asiatici e africani
Tra gli 8mila e gli 11mila sono gli elefanti che in natura rimangono in Asia: qui, in otto Paesi del Sud-Est asiatico e della Cina (Cambogia, Cina, Laos, Indonesia, Malesia, Myanmar, Thailandia e Vietnam), la popolazione residua di elefante asiatico ad oggi occupa appena il 5% del suo areale storico. Ma perché dobbiamo preoccuparcene? E in che misura?
In pochi sanno che questi mastodontici animali vengono detti anche “ingegneri dell’ecosistema” e “giardinieri della foresta“, perché – a partire proprio da quelli asiatici – hanno il ruolo cruciale di disperdere semi e sostanze nutritive attraverso i loro escrementi mentre si spostano, creando percorsi nelle foreste dense e modificando gli habitat forestali a beneficio di altri animali. E sapevi che anche le loro impronte possono formare piccoli ecosistemi che fungono da habitat per organismi come alcuni anfibi?
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Una realtà meravigliosa, quindi, ma anch’essa minacciata dalla perdita e dalla frammentazione degli habitat. I conflitti con l’uomo e il bracconaggio hanno infatti causato un allarmante declino della popolazione: in alcuni Paesi sono rimasti solo poche centinaia di individui in natura.
Qualche mese fa, gli elefanti del Borneo (Elephas maximus borneensis) sono stati ufficialmente riconosciuti come sottospecie distinta dalla lista rossa dell’IUCN, già classificata come “in pericolo” a causa della sua popolazione ridotta e in declino. Questa classificazione sottolinea l’urgenza di azioni di conservazione coordinate, è i monito del WWF, come la gestione del conflitto uomo-elefante e la prevenzione di un’ulteriore perdita e frammentazione dell’habitat, entrambi elementi cruciali per salvaguardare la loro sopravvivenza futura.
Gli elefanti fanno parte del paesaggio asiatico da millenni e sono una specie chiave che porta benefici all’ecosistema e alle altre specie con cui condivide i territori, compresa la specie umana. Conservare gli elefanti e permettere loro di sopravvivere e prosperare non significa solo mantenere l’equilibrio dei loro ecosistemi, ma anche preservare i valori culturali di queste aree.
E in Africa?
In 100 anni è stato già perso oltre il 90% degli elefanti africani. Il loro numero è drasticamente crollato, passando dai 12 milioni stimati circa un secolo fa ai 415mila riportati nell’ultimo censimento. In 100 anni nel continente africano abbiamo perso più di 9 elefanti su 10.
Le due specie presenti sono l’elefante di savana (Loxodonta africana) classificato come “in pericolo” e l’elefante di foresta (Loxodonta cyclotis) invece inserito tra le specie in “pericolo critico”. Il bracconaggio resta la causa principale del declino di entrambe le specie: si stima che ogni anno, infatti, vengano uccisi circa 20mila elefanti per il commercio illegale di avorio. A questo si aggiungono le uccisioni generate dai conflitti con le comunità locali, purtroppo in crescita a causa della deforestazione (trasformazione di aree di foresta e savana in coltivazioni), carenza di cibo o di acqua.
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