Oggi, 04 Luglio, è la giornata mondiale contro la cattività dei cetacei. Per l'occasione, LAV e Marevivo hanno lanciato in Italia la campagna europea, promossa dall'associazione spagnola Faada e realizzata in collaborazione con Born Free Foundation, SOS DELFINI. L'Enpa, invece, ha pubblicato un dossier, realizzato in seguito a dettagliate ispezioni, che denuncia gravi e palesi violazioni alla normativa vigente e mancanza di controlli e di verifiche sulle strutture, nonostante le reiterate richieste avanzate in tal senso alle autorità competenti.
Oggi, 04 Luglio, è la giornata mondiale contro la cattività dei cetacei. Per l’occasione, LAV e Marevivo hanno lanciato in Italia la campagna europea, promossa dall’associazione spagnola Faada e realizzata in collaborazione con Born Free Foundation, SOS DELFINI. L’Enpa, invece, ha pubblicato un dossier, realizzato in seguito a dettagliate ispezioni, che denuncia gravi e palesi violazioni alla normativa vigente e mancanza di controlli e di verifiche sulle strutture, nonostante le reiterate richieste avanzate in tal senso alle autorità competenti.
L’INVESTIGAZIONE DELLA LAV. “ In Italia i delfinari non hanno alcuna funzione educativa né scientifica o di conservazione della specie, ovvero non rispettano queste caratteristiche obbligatorie per legge, facendo invece spettacolo: un inganno che i potenziali visitatori devono conoscere e a cui dobbiamo mettere fine, a tutela degli animali imprigionati in questa inaccettabile, forzata cattività”, affermano LAV e Marevivo.
Il tradimento della funzione “scientifica-educativa” da parte dei delfinari è confermato da un’investigazione svolta dalla LAV, che ha messo in luce le violazioni delle disposizioni dettate dal Decreto Ministeriale 469/2001 in materia di condizioni per il mantenimento in cattività dei delfini Tursiopi (i Tursiops Truncatus sono la specie normalmente utilizzata nei delfinari per la sua intelligenza), requisiti minimi, sistemazione, comfort e benessere animale, equipaggiamenti all’interno delle vasche e loro costruzione e mantenimento, prevenzione di stress e/o danni ai delfini Tursiopi, manipolazione e addestramento. Su queste irregolarità la LAV si riserva di adire le vie legali.
L’investigazione, svolta la scorsa estate, ha riguardato i delfinari attivi in Italia, ovvero il Delfinario di Fasanolandia (Fasano, Brindisi), Zoomarine (Torvajanica, Roma), il Delfinario di Oltremare (Riccione), il Delfinario di Rimini, Gardaland (Verona) il cui delfinario però è stato successivamente chiuso alla fine del 2012, dopo non pochi decessi di delfini (Hector, Violetta e Tango, per citarne alcuni) per gravi carenze nella gestione, nell’alimentazione e nel superlavoro richiesto loro, soprattutto durante la stagione estiva; il parco non è però rimasto senza animali in quanto ha aperto un Sea Life Acquarium. Presso l’Acquario di Genova, che già detiene alcuni delfini che però non vengono fatti esibire, è prevista la costruzione di un grande delfinario.
GLI ITALIANI DICONO NO AI DELFINARI. L’opinione pubblica disapprova questa forzata cattività: il 68% degli italiani vorrebbe proibire i delfinari in Italia, ritenendo che non contribuiscano affatto alla conservazione della biodiversità e dell’ambiente, lo rivela un sondaggio IPSOS commissionato da One Voice, associazione animalista francese. Il campione ha coinvolto quattro Paesi europei: Italia, Francia, Spagna e Germania.
L’81% degli italiani intervistati ha ammesso che i delfini sono più felici in natura e il 73% si è dichiarato contrario alla cattura dei delfini in natura per destinarli ad una vita in cattività nei delfinari o nei parchi di divertimento, fino ad arrivare al 96% degli italiani che si augura che in futuro la cattura dei delfini per essere esibiti nei delfinari e nei parchi di divertimento sia proibita o strettamente regolamentata.
LE STRUTTURE NON RISPETTANO LA NORMATIVA. I delfinari, come gli zoo, possono ottenere l’autorizzazione alla detenzione dei mammiferi marini protetti – come specie in Appendici A e B Cites, questi animali non potrebbero essere utilizzati a scopi commerciali – purché mostrino di effettuare ricerca, conservazione ed educazione. “Ma questi principi – dichiara Ilaria Ferri, direttore scientifico dell’Enpa – non sono evidentemente rispettati nelle strutture italiane. Abbiamo dettagliatamente documentato che esse non rispondono ai criteri previsti dalla normativa vigente e sono responsabili di continue violazioni: è infatti consentito toccare i delfini da parte del pubblico, realizzare spettacoli con musica assordante, programmi di “pet” therapy, concerti e altre iniziative prive di qualunque contenuto educativo/scientifico“.
Inoltre, prosegue la Ferri, l’Enpa ha rilevato che “quattro delle cinque strutture italiane che detengono complessivamente 24 delfini, realizzano show degradanti per gli animali nei quali si inducono ad esibire atteggiamenti innaturali e non rispettosi delle esigenze socio etologiche proprie della specie ed ottenuti attraverso l’addestramento che prevede la deprivazione alimentare. Tali show nulla hanno a che vedere con l’educazione, la conservazione e la ricerca, piuttosto ripropongono una visione antropocentrica per la quale gli animali possono essere privati della libertà ed utilizzati come pagliacci, taumaturghi o tristi ambasciatori della loro specie“.
RITIRO LINCENZA A ZOOMARINE. Le gravi e palesi violazioni alla normativa vigente hanno indotto l’ente protezione animali a chiedere un immediato intervento al Corpo forestale servizio Cites per la verifica sulle strutture e sulla loro attività, ad inviare una richiesta di immediato ritiro della licenza di Zoomarine (unico delfinario autorizzato ai sensi della legge 73/05) ai Ministeri della Salute, dell’Ambiente e delle Politiche Agricole. “Inoltre, il nostro ufficio legale coordinato dagli avvocati Ricci e Stefutti, ha inviato un esposto alla Procura della Repubblica nel quale si chiede di far luce sulle responsabilità e sul mancato rispetto delle norme. Nel nome di Violetta, Clio, Katia, Beta, Speedy, i 4 cuccioli di Cleo, Bravo, Bonnie e il suo cucciolo, Mosè, Girl, Sandy, Kuby, Lola, Joanna e molti altri delfini deceduti in cattività in Italia, è arrivato il momento di ripristinare la legalità e di restituire la dignità e il rispetto dovuti a queste creature che appartengono al mare“, conclude il direttore scientifico.
Roberta Ragni
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