“Voglio solo ritrovare i miei gatti”: la disperazione di chi ha perso tutto nel terremoto in Giappone

Un artigiano proprietario di un laboratorio rinomato in tutto il mondo sta cercando senza sosta i suoi gatti, dopo che il terremoto lo ha raso al suolo e un incendio lo ha polverizzato

Kohei Kirimoto, un artigiano della lacca di ottava generazione, da giorni cammina disperato tra le rovine del suo laboratorio centenario nella città costiera giapponese di Wajima. Il laboratorio, rinomato in tutto il mondo per le sue lacche tradizionali, giaceva in un cumulo fumante dopo il terremoto di Capodanno e il successivo incendio che l’ha inghiottito.

L’uomo non riesce a darsi pace, non solo perché ha perso tutto ma perché non riesce a ritrovare i tre gatti che vivevano in quella che era stata la sua casa e il suo luogo di lavoro. Nonostante ne abbia perso le tracce, Kirimoto ha distribuito cibo e acqua per loro e per le decine di felini della comunità che vivevano nel mercato mattutino “Asaichi” di Wajima, famoso per le sue file tortuose di bancarelle di frutti di mare, snack e oggetti di artigianato.

Kirimoto ha spiegato il perché del suo gesto:

Il calore della gente di questa zona e di questa terra si rifletteva nella vita quotidiana dei gatti. Voglio aiutare i gatti che si nascondono da qualche parte a tornare alla loro esistenza quotidiana.

Un enorme incendio ha consumato la maggior parte del mercato di Asaichi

Wajima è stata una delle comunità più colpite quando un terremoto di magnitudo 7,6 ha colpito il Giappone centrale nel pomeriggio di Capodanno, in quella che è stata la scossa più forte che il Paese abbia mai visto dopo il disastro di Fukushima del 2011. Più di 300 persone sono morte e la ricerca di sopravvissuti continua.

Il sisma ha raggiunto il valore più alto della scala di intensità del Giappone, facendo tremare le strade e abbattendo centinaia di edifici. Ma forse la perdita culturale più grave è stato un incendio di vaste proporzioni che ha consumato la maggior parte del mercato di Asaichi, risalente a 1.000 anni fa.

La famiglia Kirimoto è stata una colonna portante di Wajima per più di 200 anni, producendo le ciotole e i mobili in legno “urushi”, finemente lucidati, che sono un patrimonio culturale del Paese. Kirimoto stesso si è guadagnato fama internazionale fondendo quest’arte con gioielli e borse di design.

Rovistando tra le macerie, Kirimoto ha fatto sapere che non gli importa della fama e di aver perso tutto:

Non mi preoccupano gli strumenti e l’arte. Posso ricreare quelle opere tutte le volte che voglio. Mi preoccupo solo della vita dei gatti.

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