Gatti luminosi? Sì, che ci crediate o no, i mammiferi biofluorescenti sono molto più comuni di quanto si pensasse

Non sono soli i vombati o i diavoli della Tasmania ad essere biofluorescenti. La proprietà è condivisa da tanti altri mammiferi come dimostrato da un nuovo studio scientifico. Tra le specie interessate dal fenomeno vi sono anche i gatti. Sorprendente vero?

Siamo abituati a pensare i gatti con i colori del loro meraviglioso e unico mantello o dei loro occhi intensi, ma in realtà i nostri adorati amici felini sono incredibilmente luminosi. Se esposti a radiazioni di alta frequenza i loro corpi brillano. Lo stesso accade per gli orsi polari o per i koala.

A rivelarlo è un nuovo studio scientifico pubblicato sulla rivista Royal Society Open Science e condotto da un gruppo di ricercatori su alcuni esemplari di felini conservati nelle collezioni di musei e parchi naturali dell’Australia.

Il fenomeno prende il nome di biofluorescenza e si verifica quando un essere vivente assorbe la luce ad alta energia, come l’ultravioletta, ed emette luce di energia inferiore. L’effetto sono luci fluorescenti che prendono vita dal corpo di quella creatura e luccicano nel buio.

La biofluorescenza non è affatto una novità per gli scienziati che hanno osservato questa singolare caratteristica in rane, vombati, ma anche diavoli della Tasmania. Ciò che invece è sorprendente è che sempre più mammiferi condividono questa peculiarità e tra questi vi sono anche i gatti.

Per confermare le loro tesi i ricercatori hanno studiato gli animali chiedendosi per prima cosa se la loro luminosità al buio non fosse dovuta ad altri processi o alle sostanze chimiche utilizzate per la conservazione. Analizzando i mammiferi alla luce UV gli studiosi hanno scoperto 125 specie biofluorescenti appartenenti a 27 ordini di mammiferi viventi e 79 famiglie.

biofluorescenza

@Royal Society Open Science

Le aree di fluorescenza includevano pelo bianco e chiaro, aculei, baffi, artigli, denti e parte della pelle nuda. Per alcune specie (ad esempio la stenella) la fluorescenza era limitata ai denti” osservano i ricercatori nello studio.

I dati supportano la convinzione che la biofluorescenza sia molto più diffusa in natura di quanto crediamo e nello specifico nei mammiferi. Non è ancora chiaro se questa proprietà potrebbe avere avuto ruolo biologico specifico per i mammiferi oppure no.

Potrebbe trattarti di una risposta evolutiva delle singole specie per migliorare la visibilità in condizioni di scarsa illuminazione e sfuggire più facilmente ai pericoli nelle ore più buie. Ulteriori ricerche in questo ambito sono necessarie. Appare chiaro, comunque, che la biofluorescenza non è limitata alle specie notturne.

fluo animali

@Royal Society Open Science

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Fonte: Royal Society Open Science

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