La gatta Agata stava per morire durante il parto. Barbara Balanzoni, tenente dell'esercito, la aiuta a partorire salvandole la vita. Ma il suo nobile gesto le costa un mare di guai. Indagini e interrogatori. Il 7 febbraio prossimo la donna sarà processata davanti al Tribunale militare di Roma, al quale è stata rinviata dal Gup la scorsa settimana
La gatta Agata stava per morire durante il parto. Barbara Balanzoni, tenente dell’esercito, la aiuta a partorire salvandole la vita. Ma il suo nobile gesto le costa un mare di guai. Indagini e interrogatori. Il 7 febbraio prossimo la donna sarà processata davanti al Tribunale militare di Roma, dopo il rinvio a giudizio del Gup della scorsa settimana.
Kosovo, maggio 2012. La micia miagola per ore nella base italiana, dalla capanna dell’area 40. Un parto difficile il suo. Per questo l’ufficiale medico in servizio, Barbara, corre in suo aiuto e la salva. Un bellissimo gesto che la trascina però in tribunale. La 39enne bolognese proprio non se l’è sentita, quel 10 maggio, di far finta di niente e di lasciare Agata in balia del suo triste destino.
“Disobbedienza aggravata e continuata per aver prestato soccorso ad una gatta partoriente” è il capo d’imputazione. Qualche giorno prima infatti, il comandante della Base aveva vietato di avvicinare e farsi avvicinare a animali selvatici, randagi o incustoditi. Ma il tenente Barbara ha preferito obbedire alla voce della sua coscienza, preferendo salvare Agata, forse confidando nella comprensione e nell’umanità dei suoi superiori. Che però non c’è stata.
A sua difesa è sceso in campo anche l’Enpa che ha lanciato una petizione. Una raccolta firme indirizzata al Ministro della Difesa: “È inconcepibile che un’azione così alta e nobile e di così elevato valore etico, come quella tesa a salvare la vita di un altro essere vivente, possa essere oggetto di punizione”, sottolinea l’Ente Nazionale Protezione animali.
“Io spero che questa vicenda venga affrontata con la serietà che merita e che si voglia arrivare a capire ogni suo aspetto. Rinnovo un particolare grazie ai militari che mi hanno dato sostegno, so quanto faccia soffrire leggere una storia dai contorni così paradossali perché permette facili generalizzazioni. Sarà mia cura in ogni sede a cominciare da questa specificare che non si sta parlando dell’EI ma di singole persone e singole vicende accadute in una singola missione”, ha scritto sulla sua pagina Facebook il tenente Balanzoni. “Mi fa molto soffrire pensare che una Istituzione che vale stia per forza di cose subendo un danno causato dal comportamento di pochi suoi elementi. Non voglio questo”.
Clicca qui per firmare la petizione.
Francesca Mancuso
Foto: Facebook/barbara.balanzoni
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