È entrato in vigore il decreto che consente di prescrivere agli animali domestici i farmaci ad uso umano, ma per i veterinari ci sono ancora troppi ostacoli
La scorsa settimana è entrato in vigore il decreto che consente la prescrizione dei farmaci ad uso umani agli animali domestici, nato con l’obiettivo di portare un notevole risparmio economico per migliaia di italiani. Il provvedimento, firmato il 14 aprile dal ministro della Salute Roberto Speranza, era atteso da anni ed è stato accolto con grande entusiasmo dalle famiglie italiane e, in particolare, dalle associazioni animaliste. Tuttavia, non convince i veterinari che lo definiscono un “provvedimento solo apparentemente migliorativo delle terapie di cura negli animali da compagnia”.
A sollevare una serie di perplessità sulla nuova legge è innanzitutto l‘ANMVI (Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani), che fa notare che ai proprietari è stato comunicato un decreto diverso da quello pubblicato in Gazzetta Ufficiale.
Il provvedimento, infatti, indica i veterinari come gli unici soggetti autorizzati a prescrivere i medicinali concepiti per gli esseri umani, a patto che questi contengano lo stesso principio attivo del medicinale veterinario corrispondente. Con alcune eccezioni. Inoltre, non si deve trattare di un farmaco “contenente sostanze antibiotiche di importanza critica per la salute umana”. In pratica, non potranno essere messe a rischio le scorte di medicinali essenziali per gli esseri umani e non si potrà eccedere con gli antibiotici nell’ottica di una prevenzione dei fenomeni di antibiotico-resistenza. Tuttavia, sono previste alcune eccezioni affidate alla responsabilità dei veterinari.
Troppe limitazioni che ostacolano il risparmio economico
Non basterà la parità del principio attivo per poter prescrivere il medicinale ad uso umano che costa meno. – sottolinea l’ANMVI in un comunicato – Basta leggere sulla Gazzetta Ufficiale del 21 maggio il decreto del Ministro Roberto Speranza “Uso in deroga di medicinali per uso umano per animali non destinati alla produzione di alimenti”. Il decreto costringe il medico veterinario ad uno slalom prescrittivo fra paletti, limitazioni e divieti che di fatto vanificano il principio della “miglior convenienza economica dell’acquirente”. Infatti, a parità di principio attivo – fra medicinale veterinario e medicinale ad uso umano – quest’ultimo potrà essere prescritto solamente in presenza di ulteriori pre-condizioni come ad esempio la circostanza che l’uso del medicinale veterinario sia rischioso o controindicato per l’animale in cura.
Gli ostacoli all’accesso ai medicinali ad uso umano
Secondo l’ANMVI, persistono ancora troppi ostacoli legati all’utilizzo dei farmaci destinati agli umani.
Dietro l’annuncio del risparmio economico, si nascondono forti limitazioni di accesso al medicinale ad uso umano. – evidenzia l’associazione – Non solo perché l’AIFA potrà precluderlo alla prescrizione veterinaria (una novità assoluta) ma anche perché vengono vietate all’impiego veterinario alcune classi di medicinali antibiotici ad uso umano. Quanto agli antibiotici non vietati, si impone al Medico Veterinario l’obbligo del test di sensibilità, una verifica che può richiedere fino a sette giorni e che rischia di ritardare il trattamento di infezioni gravi negli animali da compagnia. Per questo, la Veterinaria europea chiede di sviluppare test rapidi.
Insomma, il decreto avrebbe potuto essere concepito meglio, visto che tra clausole e limitazioni non sarà semplice applicare le nuove norme.
Avevamo proposto al Ministero della Salute di individuare forme di risparmio all’interno del settore veterinario, ad esempio sviluppando il mercato dei medicinali veterinari generici, – commenta l’ANMVI – come previsto dal regolamento europeo sui medicinali veterinari che entrerà in vigore il 28 gennaio 2022.
Inoltre, da tempo diverse organizzazioni del settore chiedono di portare l’Iva al 10% per le prestazioni veterinarie, ma la richiesta non è stata accolta.
Le stesse criticità sono state messe in luce anche dalla FNOVI (Federazione nazionale ordini veterinari italiani) che dichiara:
Questo Decreto avrebbe potuto rappresentare un’ottima occasione per facilitare l’esercizio della professione medico veterinaria e tutelare i pazienti animali, introducendo un concetto etico innovativo come il costo del medicinale e quindi una maggiore possibilità di cura degli animali da compagnia delle fasce di popolazione meno abbienti. Spiace invece dover constatare che la strada erroneamente intrapresa vede quale unico responsabile il Medico Veterinario chiamato a farsi carico dei rischi e gli oneri derivanti da un testo confuso, e in evidente contrasto con le direttive europee.
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