Un'antica lucertola marina, nascosta in Puglia per 70 milioni di anni. Non poteva che chiamarsi Primitivus manduriensis, in omaggio al vino pugliese Primitivo
Un’antica lucertola marina, nascosta in Puglia per 70 milioni di anni. Non poteva che chiamarsi Primitivus manduriensis, in omaggio al vino pugliese Primitivo.
I paleontologi dell’Università dell’Alberta in collaborazione con alcuni ricercatori italiani hanno scoperto questa nuova specie di lucertola marina vissuta tra i 70 e i 75 milioni di anni fa, con i suoi muscoli e la pelle notevolmente ben conservati.
Il fossile è un dolcosauro, una creatura legata sia ai serpenti che ai mosasauri, un gruppo di rettili marini vissuti nel Cretacico superiore (95-65 milioni di anni fa).
L’animale chiamato Primitivus manduriensis, è stato trovato in Puglia e ha preso il nome dalla varietà locale Manduria di vino rosso primitivo.
Il fossile è stato scoperto in quello che un tempo era un ambiente caratterizzato dalla presenza di acque poco profonde, nei pressi di Nardò ed era lungo circa un metro. Dopo la sua morte, la lucertola finì sul fondo e fu coperta di sedimenti, al riparo dall’acqua in movimento che altrimenti avrebbe disperso i suoi resti. E senza apparenti predatori in giro a nutrirsi della sua carcassa, è rimasto quasi completamente intatta per milioni di anni.
“Ci devono essere condizioni molto speciali per la conservazione dei tessuti molli su un fossile”, ha detto Ilaria Paparella, studentessa dell’Università La Sapienza di Roma, attualmente in corso di dottorato dell’Università dell’Alberta in Canada. “Il luogo in cui è stato trovato Primitivus manduriensis ha un grande potenziale, speriamo di ottenere permessi dalle autorità italiane per condurre ulteriori ricerche sul campo”.
Spiega Paparella che le lucertole marine sono animali dal corpo lungo che sembrano simili agli esemplari che vivono oggi ma con collo e coda più lunghi. Inoltre, avevano mani e piedi adatti sia a nuotare che a spostarsi sulla terra.
Il fossile è significativamente più giovane di altri esemplari, estendendo il periodo di tempo della loro esistenza di circa 15 milioni di anni.
Per Paparella, una delle cose più interessanti del campione è stata la capacità di studiare i tessuti molli, comprese le squame, i muscoli e la pelle.
“Per la prima volta ho avuto l’opportunità di guardare il quadro completo di un esemplare perfettamente conservato”, ha aggiunto Paparella. “Per le specie viventi, gli scienziati usano modelli di scala e pelle per l’identificazione. È stato straordinario usare queste tecniche per osservare un esemplare morto 70 milioni di anni fa”.
Alla ricerca coordinata dalla studiosa italiana hanno partecipato anche Umberto Nicosia dell’Università La Sapienza e Alessandro Palci dell’australiana Flinders University.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Royal Society Open Science.
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Francesca Mancuso
Foto cover: Fabio Manucci/University of Alberta