I fiori delle aiuole di Milano finiscono imprigionati in gabbie arrugginite, l’installazione contro gli allevamenti intensivi

L'immagine di fiori ammassati e privati del loro spazio vitale per ricordare inevitabilmente il tema dell'agricoltura intensiva.

Gli street artist Biancoshock e Francesco Garbelli hanno recentemente collaborato a un nuovo progetto: si tratta di “Apocalypse Trilogy”,  una serie composta da tre installazioni che differiscono accomunate dalla presenza degli stessi protagonisti, i fiori

Una trilogia che parla di temi legati all’era della globalizzazione, al consumismo e all’imminente disastro ambientale. Ogni installazione presenta scenari paradossali, come fiori obesi a causa dello stile di vita da fast food, fiori “coltivati” in gabbie dove crescono sovraffollati in una sorta di allevamento intensivo floreale o fiori nati in laboratorio, nutriti attraverso composizioni biochimiche sperimentali.

Loro sono Biancoshock e Francesco Garbelli, che partono dal fiore, simbolo di fragilità tale da subire passivamente forti trasformazioni per sopravvivere, adattando la sua natura alle dure condizioni imposte dall’essere umano. Ogni opera è inserita in un’area di verde pubblico urbano insieme a un cartello con il nome del “benefattore” che avrebbe contribuito a “prendersi cura”, in qualità di sponsor, del problema sociale proposto dagli artisti.

Così, dopo “Super Size Flowers”, una serie di fiori, realizzati a mano dagli artisti, che crescono “obesi” in un’area verde pubblica gestita direttamente dal Padre di tutti i Fast Food, il McDonald’s, è la volta della serie da un titolo – “Engulf & Devour” (“Trangugia e Divora”) – che prende in prestito il nome di un’azienda immaginaria citata nel film Silent Movie di Mel Brooks: centinaia di fiori vivono, o meglio sopravvivono, imprigionati in gabbie arrugginite.

Il messaggio? L’immagine di questi fiori ammassati e privati del loro spazio vitale ricorda inevitabilmente il tema dell’agricoltura intensiva e dei famigerati mercati umidi e il loro modus operandi.

Il motto della Engulf & Devour – “Our fingers are in everything”, “Abbiamo le mani dappertutto” – è riportato nel cartello al centro della rotonda, tra i fiori estenuati, stigmatizzando quegli “ideali” che spesso sono alla base delle multinazionali realmente esistenti nella nostra società.

fiori street art

@biancoshock/Instagram

L’installazione si configura come metafora di un certo modo, peraltro dominante, d’intendere l’economia: si continua a sostenere la causa di una crescita infinita, in netto contrasto con la corretta percezione del nostro pianeta e della sua natura, che è quella di un mondo finito – spiegano gli artisti – Nel film di Mel Brooks la Engulf & Devour è una società che vuole assicurarsi con qualunque mezzo il monopolio della comunicazione. In questo contesto assume significati più universali e contemporanei, offrendo nuovi spunti di riflessione su argomenti recentemente affrontati, senza concrete soluzioni, durante la Cop26.

Leggi anche: Gli allevamenti intensivi sono bombe a orologeria, ma la Cop26 se ne sta dimenticando (INTERVISTA)

Cosa ci attenderà con la terza installazione dei due street artist?

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Fonte: Biancoshock/Instagram

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