La farfalla monarca ha imparato a sopravvivere alle piante tossiche (ma lo hanno imparato anche i suoi predatori)

Lo stratagemma messo in atto dalle farfalle per difendersi dai predatori si è trasformato in una evoluzione simultanea di più specie

Quello che sembrava uno stratagemma vincente messo in atto da queste farfalle per difendersi dai predatori in realtà si è trasformato in una evoluzione simultanea che ha coinvolto più specie

La farfalla monarca (Danaus plexippus) ha messo a punto, attraverso ben quattro mutazioni genetiche, un ingegnoso stratagemma per difendersi dai suoi predatori: ha imparato a nutrirsi di una pianta chiamata asclepiade, velenosa per gli animali (e anche per l’uomo) ma non per lei. Il veleno di cui si nutre pervade tutto il suo corpo e la rende di fatto intoccabile per tutti i suoi predatori. Ciò che ha sorpreso i ricercatori dell’Università di California Riverside è il fatto che tale mutazione è stata osservata, uguale, anche in quattro predatori fra loro molto diversi ma tutti accomunati da uno stesso “piatto preferito”: la farfalla monarca che, nel corso delle generazioni ha ingerito così tanto veleno da diventare velenosa essa stessa.

Questi quattro predatori – un uccello, un topo, una vespa e un verme – hanno messo in atto quella che i ricercatori hanno definito “evoluzione simultanea” insieme alla farfalla di cui si cibano, ed è stata proprio la loro preda a stimolare tale mutazione a livello genetico: le tossine vegetali presenti nel suo corpo hanno stimolato gli organismi dei predatori ad adattarsi al veleno, sviluppando strategie per ingerirlo senza morire né rimanere intossicati.

È notevole che l’evoluzione si sia verificata a livello molecolare in tutti questi animali – ha detto il coautore dello studio, Simon Groen. – Le tossine vegetali hanno causato cambiamenti evolutivi in ​​almeno tre livelli della catena alimentare. Sembra, sorprendentemente, che stiano sviluppando la resistenza usando lo stesso tipo di macchinario negli stessi punti del codice genetico del monarca e degli afidi, degli insetti e dei coleotteri, che si nutrono anche di asclepiade.

(Leggi anche: La colorata farfalla monarca: percorre 5mila chilometri per tornare a casa)

Già da alcuni decenni, i biologi sanno che alcuni tipi di farfalle (fra cui la farfalla monarca) e di altri insetti si sono adattati a nutrirsi di asclepiade e hanno sviluppato sistemi di immagazzinamento delle tossine come forma di difesa dagli attacchi dei predatori. Ma è solo nell’ultimo decennio che i genetisti hanno compreso le effettive mutazioni genetiche all’interno della pompa sodio-potassio, che hanno permesso questo adattamento al veleno. Ora è emerso che anche altri animali, fra loro molto diversi, sono stati in grado di evolversi in questo modo. Ma quali sono?

Il grosbeak dalla testa nera è un uccello migratore che fa incetta di farfalle monarca durante il loro svernamento in Messico: dopo aver catturato la sua preda, ne strappa le ali e divora l’addome per intero, a dimostrazione del fatto che la presenza del veleno non gli provoca alcun effetto collaterale – infatti, è attualmente l’unico uccello in grado di mangiare la farfalla monarca senza sentirsi male, dopo aver sviluppato tre mutazioni genetiche. Il topo cervo orientale (parente stretto del topo cervo dalle orecchie nere messicano) si nutre di farfalle che cadono a terra e presenta mutazioni nei geni che gli consente di resistere ai glicosidi cardiaci e ad altre sostanze che sarebbero tossiche per altri mammiferi. La vespa Trichogramma pretiosum, un parassita le uova del monarca, ha sviluppato due mutazioni nella pompa sodio-potassio per resistere al veleno contenuto nella farfalla. Infine, anche il DNA del nematode Steinernema carpocapsa, che parassita le larve di insetti che si nutrono di asclepiade, ha dimostrato l’evoluzione attraverso tre mutazioni genetiche.

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Fonte: Current Biology

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