Discarica abusiva di cinghiali nelle Marche: erano malati di tubercolosi?

Una discarica abusiva di cinghiali morti. L'hanno scoperta, a seguito di una segnalazione, gli agenti del Corpo Forestale di Matelica, nel fiume Esino, nei pressi di località Incrocca, al confine tra i Comuni di Matelica e Cerreto d'Esi, nelle Marche.

Una discarica abusiva di cinghiali morti. L’hanno scoperta, a seguito di una segnalazione, gli agenti del Corpo Forestale di Matelica, nel fiume Esino, nei pressi di località Incrocca, al confine tra i Comuni di Matelica e Cerreto d’Esi, nella regione delle Marche.

Alcune carcasse erano contenute alcune in sacchi di plastica, altre si trovavano direttamente immerse nel corso d’acqua, con le membra scarnificate dai pesci e dagli altri animali selvatici. Secondo le prime ipotesi, si tratterebbe di cinghiali abbattuti dai bracconieri a seguito di battute di caccia clandestine.

L’ALLARME TUBERCOLOSI – A destare preoccupazione è la possibilità che gli animali fossero affetti da tubercolosi. Per questo, secondo la Lac, i bracconieri se ne sarebbero disfatti, invece di bruciarli o sotterrarli come da prassi. “La Regione sta monitorando attentamente la questione della tubercolosi dei cinghiali (e bovina) in quanto potenzialmente trasmissibile all’uomo attraverso l’ingestione di carne e dannosa per l’economia regionale”, spiega la Regione Marche.

Ma la caccia di selezione sarebbe sicura, in quanto le squadre sono munite di veterinario che certifica le carni. Su iniziativa dell’assessore alla Caccia, Paola Giorgi, si darà ora il via a un’azione di rafforzamento dei controlli delle carni, di bonifica della malattia e di isolamento e punizione dei bracconieri che commettono un grave reato contrabbandando carne potenzialmente infetta.

Per la Lac, che chiede la sospensione della caccia al cinghiale, l’allarme, invece, è molto più serio. Gli ambienti venatori sarebbero al corrente da tempo come nella popolazione marchigiana dei cinghiali, specie nelle zone del San Vicino e del fabrianese, si sia notevolmente diffusa la malattia, pericolosa per l’uomo.

E che gli animali selvatici, mentre i cittadini sono tenuti all’oscuro, starebbero contagiando anche il bestiame al pascolo sulle stesse montagne. Solo un monitoraggio a tappeto sullo stato di salute di tutta la popolazione marchigiana del cinghiale potrebbe verificare realmente la diffusione della tubercolosi. E approntare le decisioni da prendere.

Roberta Ragni

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