Chiude il delfinario di Gardaland, ma non è una svolta etica

Robin, Teide, Betty e Nau, i quattro delfini di Gardaland cresciuti lontani dal loro habitat all'ombra delle attrazioni del più grande parco di divertimenti italiano, non nuoteranno più nelle acque del Palablu della Merlin Entertainments. L'azienda inglese ha deciso che i cetacei andranno in pensione, dopo anni di servizio per intrattenere i visitatori. Ma non si tratta di una svolta etica o animalista.

Robin, Teide, Betty e Nau, i quattro delfini di Gardaland cresciuti lontani dal loro habitat all’ombra delle attrazioni del più grande parco di divertimenti italiano, non nuoteranno più nelle acque del Palablu della Merlin Entertainments. L’azienda inglese ha deciso che i cetacei andranno in pensione, dopo anni di servizio per intrattenere i visitatori.

Ma non si tratta di una svolta etica o animalista. Anche perché, secondo le prime indiscrezioni, tutti e 4 gli esemplari potrebbero essere trasferiti probabilmente nell’acquario di Genova. In breve, passando di fatto da una prigione all’altra. Quale è, allora, il vero motivo della chiusura?Di certo sulla decisione hanno avuto un peso anche le polemiche degli anni passati per la morte di diversi esemplari di delfini del Palablu: nel 2000 la Procura di Verona aprì un’inchiesta per stabilire le cause del decesso di quattro cetacei, morti nel giro di tre anni senza spiegazioni immediate“, spiegano dal Coordinamento Antispecista, che si preparra a una vera e proprio guerra per smascherare l’orrore che si cela dietro l’industria dell’intrattenimento che sfrutta i cetacei.

La scelta di destinare i quattro cetacei ad un’altra struttura di cattività non cambierebbe la loro condizione – spiega il direttore scientifico dell’Enpa, Ilaria Ferri – e al momento, per quanto è a nostra conoscenza, anche la struttura di Genova non risponde ai minimi criteri di detenzione previsti dalle normative vigenti“. Inoltre, se la multinazionale che gestisce il parco tematico avesse realmente a cuore i diritti e la tutela degli animali, dovrebbe porre fine alla cattività di tutti gli esemplari detenuti nelle proprie strutture, in Italia e all’estero.

E invece, come testimoniato dal sito web dell’Acquario di Roma, la stessa società che gestisce il Palablu’ di Gardaland – spiega ancora l’Enpa- non solo non sembra intenzionata a dismettere le attività legate alla cattività, ma dovrebbe avere la gestione del futuro acquario di Roma la cui apertura è stata procrastinata ulteriormente e per altro la stessa, al momento, non possiede alcuna autorizzazione come previsto dalle norme“.

Anche per la Ferri, quindi, il vero motivo della chiusura della struttura è stato la mancanza dei minimi requisiti richiesti dalla normativa vigente: “il trasferimento dei delfini – conclude il direttore scientifico- può essere ricondotto non tanto a un nobile fine, quanto alla inadeguatezza delle strutture, per ovviare alla quale sarebbero necessari ingenti investimenti. Investimenti sostenuti, invece, dall’Acquario di Genova grazie ai fondi pubblici, dove sono in via di ampliamento le vasche che ospitano i delfini; perché anch’esse non a norma“.

Insomma, di etico c’è ben poco. Quelli della Merlin avrebbero potuto inserirli in qualche santuario marino, ma non lo hanno fatto. Avrebbero potuto dire basta alla detenzione dei delfini in condizioni incompatibili con la loro natura, ma non lo hanno fatto. Comunque, fanno notare le associazioni, questo rimane un precedente importante, che offre ulteriori armi per la liberazione di tutti i delfini rubati al mare e privati della libertà.

Roberta Ragni

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