Il nostro Paese è un crocevia fondamentale del traffico di animali protetti. Compiere reati contro la natura è fin troppo facile: a denunciarlo il nuovo report del WWF, realizzato in occasione della Giornata mondiale della fauna selvatica
Il 3 marzo si celebra il World Wildlife Day, giornata istituita dall’Onu nel 2013, per sensibilizzare l’umanità sull’importanza che svolgono le specie selvatiche per la conservazione degli ecosistemi.
Danneggiando il mondo naturale, minacciamo il nostro stesso benessere – ricorda il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres. –Oggi, in tutto il mondo, la fauna selvatica è in pericolo. Un quarto delle specie rischia l’estinzione, in gran parte perché abbiamo distrutto quasi la metà degli ecosistemi in cui vivono.
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Ma cosa sta facendo l’Italia per tutelare gli animali selvatici? Fin troppo poco. Il nostro Paese è tristemente noto, infatti, per essere un crocevia fondamentale del traffico illegale di specie protette e. Nella nostra nazione i crimini contro la natura selvatica come il bracconaggio sono all’ordine del giorno, come denunciato dal report appena pubblicato dal WWF in occasione di questa importante giornata. Il lancio del documento inaugura anche la settimana di sensibilizzazione del WWF contro i crimini di natura, che si concluderà l’8 marzo.
Traffico illegale di specie selvatiche e bracconaggio in aumento in Italia
Nel nostro Paese il bracconaggio e il traffico illegale di specie selvatiche sono più vivi che mai. Per quanto riguarda il commercio illecito di animali i principali flussi coinvolgono la direttrice Italia-Stati Uniti.
Oggetto di questi traffici sono nella maggior parte dei casi i rettili. Gli uccelli sono le specie più minacciate in Italia dai criminali di natura, in particolare i passeriformi come i cardellini (illegalmente commercializzati per fini ornamentali) o i fringuelli, i pettirossi e altri piccoli uccelli, destinati al mercato illecito della ristorazione, e i rapaci spesso vittime di spari o avvelenamenti. – si legge nel report – Questo accade anche a causa delle sanzioni irrisorie previste rispetto ai guadagni illeciti generati da questi traffici. Tra i grandi carnivori al primo posto i lupi, considerati “specie problematiche” o “nocive” e spesso uccisi per odio atavico.
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Anche il bracconaggio rappresenta un crimine sempre più diffuso, ma ancora troppo sottovalutato, nella nostra nazione. L’uccisione di specie protette ha infatti un grande impatto sulla biodiversità.
Specie come gli uccelli, in particolare i rapaci o i grandi carnivori come i lupi sono particolarmente esposte ad essere vittima di bracconaggio al punto che queste condotte contribuiscono in maniera significativa ad aumentarne il rischio di estinzione. – spiega il WWF – L’analisi dei dati raccolti mostra come il guadagno di chi commette questi reati è maggiore del rischio di vedersi inflitta una pena che, peraltro, è spesso talmente irrisoria da non avere alcuna efficacia deterrente, unitamente alla forte tendenza a ridurre le possibilità che si riesca a giungere alla sentenza di condanna definitiva.
Talvolta sono anche le “tradizioni” alimentari a favorire il bracconaggio o il commercio illegale. Qualche esempio? Basti pensare alla polenta con osei (piatto ancora molto apprezzato in Regioni come il Veneto e la Lombardia).
Ma non è solo l’avifauna a finire nelle mani dei bracconieri: anche la pesca illegale è spaventosamente diffusa, come sottolinea il WWF:
Dai dati forniti delle Capitanerie di Porto e dalla Guardia Costiera relativi alla pesca illegale emerge, ad esempio, che a fronte di un numero di ispezioni che negli ultimi anni si è aggirato tra le 110 e le 140 mila, sono state elevate sanzioni da 7 a oltre 12 milioni di euro con un “picco” di oltre 760 tonnellate di prodotto ittico sequestrato nel 2016. Tra le specie particolarmente oggetto di illeciti vi sono l’anguilla, le oloturie, i datteri di mare e alcune specie di squali.
Pure dai CRAS (i centri di recupero fauna selvatica gestiti dal WWF) arrivano dati allarmanti: soltanto in Lombardia gli “ospedali degli animali” di Valpredina e Vanzago hanno accolto e curato nel 2021 circa 7.500 feriti, quasi tutti per mano dei bracconieri.
Carenza di controlli e multe inadeguate
In Italia è molto semplice riuscire a compiere reati contro la natura senza essere puniti. Una situazione legata all’assenza di controlli costanti, visto che il numero del personale che dovrebbe monitorare è molto ridotti. Come sottolinea il WWF, due terzi degli agenti che dovrebbero occuparsi della vigilanza su questi crimini sono volontari, mentre il numero delle forze di polizia è esiguo e non equamente ripartito sul territorio e non è in grado di fermare “l’esercito” (nutritissimo) dei cacciatori.
Inoltre, nel nostro Paese non esiste una banca dati centralizzata sui crimini di natura, quindi non c’è un tracciamento del fenomeno
Tutto ciò nonostante l’Italia sia dotata di un Piano di azione Nazionale “Antibracconaggio”, adottato per dare risposta alle richieste di miglioramento delle azioni di contrasto formulate dall’Unione Europea . – spiega il WWF – Queste gravi carenze compromettono la capacità di adottare idonee misure di prevenzione e pianificazione e si aggiungono ad un sistema di vigilanza assolutamente inadeguato (in media 3 agenti venatori ogni 1.000 cacciatori), e un regime sanzionatorio insufficiente a contrastare le illegalità.
Oggi chi uccide un animale protetto come un lupo o un orso può tranquillamente ripulire la sua fedina penale pagando una cifra irrisoria di circa 1.000 euro. Tutto ciò contribuisce ad incoraggiare i bracconieri, impoverendo sempre di più la natura. E con essa tutti noi…
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Fonti: WWF/ONU
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