Esperimenti crudeli: la storia di Retro, l’unico sopravvissuto oltre 2 anni tra i cloni di primati

I ricercatori annunciano il successo della clonazione di un macaco rhesus con una nuova tecnica. Il primate ha già superato i 2 anni di vita. Si tratta della prima volta e i risultati dello studio sarebbero promettenti ma non meno terrificanti dal punto di vista etico

Si chiama Retro, ha più di 2 anni ed è un macaco rhesus. A differenza dei suoi simili, acquistati dai centri di ricerca e sperimentazione, lui in quei laboratori vi è nato nell’estate del 2020. Retro è infatti il primo macaco nato sano e vissuto per un periodo di tempo considerevole.

A darne notizia è un nuovo studio pubblicato sulla rivista Nature Communication, in cui viene presentato l’approccio scientifico che ha portato alla creazione (perché di creazione si deve parlare) di questo esemplare.

Sono passati decenni dalla clonazione della pecora Dolly. Da allora, bovini, ratti, conigli sono stati clonati con la tecnica del trasferimento nucleare di cellule somatiche (SCNT). Per i primati, i casi segnalati morivano in meno di un giorno.

Ciò è dovuto a tassi di sopravvivenza bassissimi. Nei mammiferi, fatta una piccola eccezione per i bovini, la possibilità di sopravvivere oscilla tra l’1 e il 3%. Retro invece è diverso perché gli scienziati hanno cambiato la formula, rendendo il processo di clonazione più efficiente.

processo

@Nature Communications

Per la prima volta il team di ricercatori ha sostituito le cellule del trofoblasto, il tessuto cellulare che dà vita alla placenta, con cellule sane provenienti da un embrione che non è stato frutto di clonazione.

La sostituzione del trofoblasto, indicata con SCNT-TR, si è dimostrata un successo. Ad oggi, a quasi 4 anni dall’esperimento e alla recente pubblicazione del lavoro scientifico, il macaco Retro vive ancora.

scimmia clonata

@Nature Communications

Ma Retro è il solo primate che ce l’ha fatta. Nel corso della ricerca gli altri embrioni clonati sono andati perduti. Si tratta di un procedimento complesso, ma gli scienziati sono ottimisti.

Questa strategia è molto promettente per migliorare i tassi di successo affrontando questioni specificamente legate al trofoectoderma, che svolge un ruolo cruciale nelle prime fasi dello sviluppo e dell’impianto embrionale” osservano i ricercatori.

La nascita di Retro impone una riflessione sulla clonazione, dal principio in sé ai risultati che si ottengono modificando geneticamente gli embrioni.

In un’epoca in cui cerca di abbandonare definitivamente la sperimentazione su modelli animali, produrre cavie da laboratorio è eticamente molto discutibile e controverso. Il fine dello studio è proprio questo: sostenere la ricerca biomedica fornendo cloni su cui lavorare.

Test di ricerca implicano però sofferenza e crudeltà per gli animali, mettendo a rischio il loro benessere. Non è su questo tipo di ricerca che si dovrebbe investire. I retroscena di questi esperimenti, come per la scimmia dai polpastrelli fosforescenti, sono inquietanti.

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Fonte: Nature Communications

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