Green Hill, 10 anni dopo nessun altro Paese europeo ha vietato l’allevamento di Beagle destinati alla vivisezione. Intervista a Michela Kuan

Beagle di Green Hill e sperimentazione animale: la nostra intervista alla dott.ssa Michela Kuan, Responsabile nazionale LAV settore vivisezione che ci parla del Decreto Legislativo 26/2014, delle problematiche dei beagle da laboratorio e dei suoi ricordi di Green Hill

Sono passati esattamente 10 anni dalla liberazione dei beagle di Green Hill, l’allevamento lager di Montichiari che “produceva” cani destinati alla vivisezione, il cui unico scopo era tirare su cavie da laboratorio sulle quali praticare la barbarica sperimentazione animale.

Quel 28 aprile 2012 ha segnato una svolta storica nella giurisdizione italiana poiché la vicenda Green Hill ha dato vita ad una mobilitazione senza precedenti che ha portato al sequestro di 2.639 beagle lì rinchiusi, al processo alla struttura degli orrori e all’entrata in vigore del nuovo Decreto Legislativo n. 26/2014 sulla sperimentazione animale.

Di questo e dei beagle di Montichiari ne parliamo con la dott.ssa Michela Kuan, Responsabile nazionale LAV del settore vivisezione.

Ci sono altri Paesi nella Comunità europea che hanno seguito l’esempio dell’Italia, vietando l’allevamento sul suolo nazionale di cani, gatti e primati destinati alla sperimentazione animale?

No, questo è un merito che ha soltanto il nostro Paese, così come degli altri. Dal punto di vista legislativo l’Italia è sulla carta il Paese più avanzato in Europa. Purtroppo poi ci sono tanti aspetti che non vengono rispettati o controllati, come accade per tantissime norme italiane, però dal punto di vista dei criteri inseriti all’interno del decreto italiano rispetto alla direttiva europea, l’Italia è assolutamente avanti e abbiamo conquistato questo importante divieto di allevare cani, gatti e primati destinati alla sperimentazione che speriamo continui ad essere garantito perché sappiamo che da allora sempre ogni anno si cerca di reintrodurre invece una norma comunitaria, rischiando di perdere questi piccoli successi che abbiamo ottenuto.

Ciò è lontano chiaramente da quello che noi vorremmo cioè una ricerca basata su metodi sostitutivi e quindi un’evoluzione culturale e scientifica importante che permettesse al nostro Paese di affacciarsi alla ricerca e all’Europa in maniera più competitiva, però sono comunque dei punti di miglioramento che cerchiamo di difendere e che ci vogliono togliere.

In cosa consiste il brevetto Marshall e come mai proprio il beagle è il cane allevato per la sperimentazione?

Dietro a Green Hill vi era il colosso Marshall, parliamo perciò di brevetto Marshall per gli esemplari di questo allevamento. In generale il beagle viene usato a fini sperimentali non per necessità scientifiche come accade in tutto il mondo della sperimentazione, ma per comodità quindi necessità pratiche. Questo cane viene utilizzato soprattutto per test di tossicologia, test farmaceutici e test legati ad esempio alle capacità cardiache.

Sono inoltre cani di taglia abbastanza piccola, in particolare ricordo che quando eravamo a Green Hill e sono stati liberati i primi beagle rispetto ai beagle che noi vediamo per strada, erano particolarmente più piccoli, di dimensioni ridotte perché chiaramente più l’animale è piccolo e più si riesce a stabulare facilmente.

Non a caso i laboratori sono pieni di topi, non di scimmie e questo non lo dico a favore di una o dell’altra specie, ma si volesse seguire il principio di usare la specie più vicina all’uomo, allora avremmo tutti i laboratori pieni di primati. Ne abbiamo sicuramente troppi, ma usiamo i topi perché loro sono semplicemente più comodi. Non è una necessità scientifica, anzi è tutt’altro.

I beagle hanno un pelo corpo e ruvido, non lanuginoso e quindi è più facile fare prelievi ed iniezioni. Sono motivazioni anche molto tristi che però non hanno dietro una base di necessità scientifica, ma semplicemente di praticità.

Quali problematiche di salute e comportamentali hanno i cani che precedentemente fungevano da cavie di laboratorio?

Parliamo di esemplari provenienti da un allevamento che aveva un numero di cani eccessivamente superiore rispetto a quelli che dovevano stabulare. Immaginiamoci temperature alte, tantissimi rinchiusi nello stesso recinto, un ambiente dove qualunque patogeno o batterio prolifera. Tra le malattie cutanee la rogna demodettica o “rogna rossa”.

Quando escono da un laboratorio gli animali hanno gravi disturbi comportamentali. Mi ricordo all’inizio quando gli adottanti rimanevano stupidi del fatto che i cani non sapessero fare i gradini, una cosa molto banale, ma questo perché l’animale è cresciuto stando in una gabbia da laboratorio dove attorno non c’è più niente e questa è la realtà della sperimentazione. L’animale sta lì, immobile, in questo piccolo spazio e quindi non conosce le cose più semplici che possono essere ad esempio un gradino o i rumori. L’adottante casomai accendeva la radio e l’animale andava in crisi.

L’animale da sperimentazione vive dietro ad un business ossia io devo riuscire a guadagnare il più possibile e quindi anche le tecniche di riproduzione e simili non sono legate al benessere degli animali, ma al profitto.

Cosa l’ha colpita di più dei beagle che ha visto?

Quando eravamo su, lì a Montichiari, il capannone era infinito, con latrati che si sentivano da fuori anche senza entrare nell’allevamento. Sembrava di stare in un incubo. Le fattrici sono quelle che ho visto io e quelle che mi hanno colpito di più. Sono le madri che venivano ingravidate costantemente per produrre cuccioli da sperimentazione ed erano animali apatici, con mammelle prolassate che non reagivano a nessuno stimolo ed è bruttissimo per chiunque conosca un cane.

Erano come dei pupazzi, immobili, con uno sguardo catatonico che non reagivano a niente né ad una carezza, né ad uno stimolo vocale, assolutamente a nulla. Dopo anni in una famiglia, con il sostegno non credo abbiano dimenticato tutto ciò che hanno passato, però hanno riscoperto la fiducia verso l’essere umano che invece ha sempre approfittato di loro.

Ricordo le parole commosse delle famiglie che le hanno viste scodinzolare per la prima volta. Chi ha aperto la casa ad un cane di Green Hill ha fatto un gesto d’amore doppio.

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Leggi il nostro speciale per i 10 anni dalla liberazione dei Beagle di Green Hill:

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