I ricercatori hanno scoperto che alcuni batteri multifarmaco resistenti erano presenti in alimenti crudi per cani
Il cibo crudo per cani è una delle principali fonti di batteri resistenti agli antibiotici, rendendolo un rischio internazionale per la salute pubblica. A rivelarlo è stata una nuova ricerca presentata al Congresso europeo di microbiologia clinica & malattie infettive (ECCMID), che si è svolto in questi giorni. Di fatto, il cibo per cani venduto in tutta Europa contiene batteri resistenti agli antibiotici.
I ricercatori hanno scoperto che alcuni batteri multifarmaco resistenti erano presenti in alimenti crudi per cani. Gli stessi batteri avevano infettato anche i pazienti ospedalieri in diversi paesi europei. Ciò non fa che confermare che la tendenza per l’alimentazione dei cani cibo crudi potrebbe alimentare ulteriormente la diffusione di batteri resistenti agli antibiotici.
Le infezioni provocate da tali microrganismi uccidono circa 700.000 persone all’anno a livello globale e, con una cifra che si prevede salirà a 10 milioni entro il 2050 se non si adozione di alcuna azione, l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) classifica la resistenza agli antibiotici come una delle maggiori minacce per la salute pubblica.
Per scoprire se il cibo per animali domestici fosse una potenziale fonte di diffusione di batteri resistenti agli antibiotici, la dott.ssa Ana R. Freitas, la dott.ssa Carla Novais, la dott.ssa Luísa Peixe e i colleghi dell’UCIBIO, la facoltà di farmacia dell’Università di Porto, hanno analizzato il cibo per cani proveniente da supermercati e negozi di animali, alla ricerca di Enterococchi. Questi ultimi sono batteri opportunistici. Vivono normalmente nelle viscere di esseri umani e animali, ma possono causare gravi infezioni se si diffondono in altre parti del corpo.
Nello studio sono stati esaminati 55 campioni di cibo per cani di 25 marchi disponibili a livello nazionale e internazionale. Gli alimenti surgelati includevano anatra, salmone, tacchino, pollo, agnello, oca, manzo e verdure. 30 campioni (54%) contenevano Enterococchi. Più del 40% di tali batteri era resistente agli antibiotici eritromicina, tetraciclina, quinupristin-dalfopristin, streptomicina, gentamicina, cloramfenicolo, ampicillina o ciprofloxacina. Vi era anche resistenza alla vancomicina e alla teicoplanina (2% ciascuna) e il 23% degli enterococchi era resistente al linezolid, un antibiotico di ultima istanza, usato su infezioni gravi quando altri farmaci falliscono ed è considerato un trattamento di importanza critica dall’OMS.
Tutti i campioni di cibo per cani crudi contenevano enterococchi multifarmaco resistenti, compresi i batteri resistenti al linezolid. Al contrario, solo tre dei campioni non contenevano batteri multifarmaci resistenti.
Ma non solo. Il sequenziamento genetico ha rivelato che alcuni dei batteri antibiotico-resistenti rilevati nel cibo crudo per cani erano identici a quelli isolati dai pazienti ospedalieri nel Regno Unito, in Germania e nei Paesi Bassi. Batteri geneticamente identici sono stati trovati anche negli animali da allevamento e nelle acque reflue nel Regno Unito.
In un altro esperimento, i ricercatori hanno trasferito i geni legati alla resistenza agli antibiotici dai batteri trovati nel cibo per cani ad altri batteri sperimentali,suggerendo che questo può verificarsi anche in natura.
I rischi per l’uomo
Secondo gli autori dello studio, il dato davvero allarmante riguarda il fatto che il cibo per cani potrebbe essere un driver trascurato della resistenza agli antibiotici a livello globale.
Lo stretto contatto dell’uomo con i cani e la commercializzazione dei marchi studiati in diversi paesi rappresentano un rischio internazionale per la salute pubblica. Le autorità europee devono sensibilizzare sui potenziali rischi per la salute nell’alimentazione delle diete crude agli animali domestici e la produzione di alimenti per cani, comprese le pratiche igieniche e di selezione degli ingredienti, deve essere rivista. I proprietari di cani dovrebbero sempre lavarsi le mani con acqua e sapone subito dopo aver maneggiato il cibo per animali domestici e dopo aver raccolto le feci, ha detto la dott.ssa Freitas.
Fonti di riferimento: International Journal of Food Microbiology, Eurekalert,
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