Ha resistito alcuni giorni, senza poter riprendere il volo e senza potersi alimentare, dopo essere rimasta incagliata in attrezzatura da pesca
Riceviamo e pubblichiamo la terribile segnalazione ricevuta dai nostri lettori birdwatchers e ornitologi Giorgio Paesani, Giovanni Tartarelli e Giuseppe Vecchio
Una Berta maggiore uccisa dall’incuranza di un pescatore. La mattina del 5 settembre 2020 durante un’ uscita di birdwatching lungo la costa del Calambrone, è stato trovato il corpo di una Berta maggiore (Calonectris diomedea) morta da pochi giorni. Attaccata alle zampe, con gli “ancorotti” piantati su entrambi gli arti, una grossa esca artificiale per tonni o lecce.
Non sono chiare le dinamiche che hanno portato alla morte dell’individuo in questione. Le ipotesi plausibili sono che la berta è stata “allamata” causalmente durante una battuta di pesca “a traina”, una volta recuperata il pescatore ha pensato bene di disfarsene semplicemente tagliando il filo (che era reciso di netto in prossimità dell’artificiale) oppure che siamo di fronte ad un ennesimo atto di abbandono volontario o meno non è influente, di attrezzature per la pesca sportiva.
La presenza di lenze o ami sulla battigia annualmente mietono diverse migliaia di vittime tra le varie specie di limicoli, che durante la ricerca di cibo, finisco per avvolgersi le zampe o peggio ingerire ami, che luccicanti attirano l’attenzione. Probabilmente l’esca artificiale abbandonata alla deriva, ha incuriosito la berta, che inizialmente è rimasta allamata con una delle tre ancorette, poi plausibilmnte, nel tentativo di liberarsi si è condannata a morte certa dopo una lunga sofferenza.
Quale sia effettivamente la dinamica che ha portato alla morte di questo splendido uccello pelagico poco importa, la sostanza è ha sicuramente resistito alcuni giorni, senza poter riprendere il volo perché per farlo ha bisogno della spinta delle zampe e quindi, senza potersi alimentare, si è spiaggiato definitivamente nell’area adiacente alla foce dello Scolmatore dove è morta.
Una fine ingiusta generata da un connubio di irresponsabilità e crudeltà. In questi casi basta avvolgere la berta in un telo, tagliare il filo e portarla al Centro Recupero Marini e Acquatici della Lipu di Livorno, che opera da decenni ed è una realtà conosciutissima in tutta Italia.
La berta maggiore è una specie endemica del Mediterraneo e, come tutti gli uccelli pelagici, le sue popolazioni sono in netto declino. La sua biologia è incredibile: nidifica in piccole isole sfruttando anfratti e cunicoli, alleva un solo pulcino l’anno che si invola in ottobre e poi “parte” per una migrazione che la porta fino all’Oceano Atlantico, sulle coste orientali americane. Probabilmente la berta rinvenuta al Calambrone ha un pullo che l’aspetta in qualche anfratto dell’Arcipelago Toscano, magari a Pianosa o a Montecristo e che è destinato a morte certa mancandogli la metà degli approvvigionamenti. Le berte vivono tutta la vita sul mare e dal mare, toccano terra solo per nidificare. Hanno persino evoluto una ghiandola (la “ghiandola del sale”) che permette loro di bere direttamente l’acqua marina espellendo il sale in eccesso.
Vivono danzando nella brezza marina, pescano per sopravvivenza e non certo per divertimento ed è assurdo che una di loro muoia proprio per mano di chi suole definirsi “uomo di mare”. Fin dall’antichità, le berte sono da sempre sacre e intoccabili, secondo alcuni i loro richiami potrebbero aver dato origine al mito del canto delle sirene; altre leggende raccontano che le melodie di questi uccelli, simili al lamento di un bambino, siano le grida dei compagni dell’eroe greco Diomede trasformati dalla dea Afrodite in questi splendidi volatili. Realtà ben lontane dal menefreghismo che, probabilmente, connota l’artefice di questo spiacevole evento, il quale non conosce dell’esistenza delle berte e avrà inveito contro quello che è apparso come il solito “maledetto gabbiano” che lo ha costretto a montare un nuovo artificiale mentre condannava a morte una creatura che col mare, lei si, ci parlava guardandolo negli occhi.
Ogni anno in tutto il mondo decine di migliaia di uccelli marini muoiono per il cosiddetto “bycatch”, cioè la cattura accidentale per mezzo di attrezzi di pesca, per non contare quelli che muoiono avvelenati dalle nostre sostanze inquinanti o soffocati dalla nostra plastica. Speriamo solo che raccontando la storia della berta del Calambrone chi va per mare o ci lavora, chi ci vive vicino e chi amministra e decide, guardi questi uccelli con un occhio diverso e con maggiore gentilezza.
Giuseppe Vecchio
Giovanni Tartarelli
Giorgio Paesani
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