Il nord del Portogallo e la Galizia sono invasi da vasi abbandonati usati per una tecnica orrenda di pesca dei polpi che uccide anche i piccoli
Le spiagge del nord del Portogallo sono caratterizzate da una presenza insolita e, a prima vista, misteriosa: centinaia di vasi abbandonati che si affollano lungo la riva e inquinano l’ambiente. Dietro a questa apparente confusione di oggetti si cela una tremenda pratica di pesca del polpo.
Questi contenitori, noti come nasse, sono percepiti dai polpi come rifugi ideali. Il polpo, con la sua natura schiva e inclinazione a cercare riparo al buio, trova infatti in questi vasi l’ambientazione perfetta per la sua tana.
Ciò consente non solo di ripararsi, ma anche di nascondere e proteggere (solo in apparenza) i propri piccoli. Quando queste nasse vengono riportate in superficie, tuttavia, vengono catturati sia i polpi adulti che la loro prole non permettendo così la riproduzione della specie.
Un barbaro metodo più economico
In Spagna l’utilizzo di tali vasi è vietato e vengono preferite altre tecniche di pesca del polpo. Si impiegano infatti nasse con esche per attirare il polpo, intrappolandolo una volta che ha ceduto alla tentazione di cibarsi.
Sebbene questa metodologia possa essere più efficace, comporta anche costi aggiuntivi. Pertanto si sospetta che alcuni pescatori, con tutta probabilità per ragioni economiche, continuino a utilizzare i vasi, nonostante il divieto.
La situazione è particolarmente evidente in Galizia, dove numerosi vasi abbandonati deturpano le spiagge. Tuttavia il fenomeno è ancora più sorprendente in Portogallo, dove una passeggiata lungo la riva può svelare un paesaggio costellato da centinaia di questi contenitori.
Da questa pratica e dalle immagini di vasi che ricoprono le coste nascono diverse considerazioni. La presenza massiccia di questi vasi abbandonati non può infatti non sollevare domande da un lato sul rispetto dell’ambiente e sul problema dell’inquinamento che l’uso di questi vasi porta con sé dato che vengono abbandonati una volta utilizzati. Dall’altro lato ci deve far riflettere sul tremendo impatto delle attività umane sulla vita marina che viene letteralmente sterminata.
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