Le orche del sud (SRKW) sono ormai sono 75, classificandosi tra le specie a più alto rischio di estinzione. E non finisce qui, perché un nuovo studio guidato dall’Oceans Initiative ha dimostrato che il rischio sta anche accelerando, con la popolazione di orche che cala a un ritmo di circa l’1% all’anno
Prima di quanto possiamo pensare, le orche del sud (SRKW) potrebbero non esistere più: sono infatti ormai 75 in tutto e il rischio estinzione sta anche accelerando, con la popolazione che cala a un ritmo di circa l’1% all’anno. Lo dimostra uno studio guidato dall’Oceans Initiative.
Le orche del sud occupano le acque al largo della costa pacifica del Nord America, che si estende dalla California all’Alaska, nutrendosi quasi esclusivamente del salmone chinook (detto anche salmone reale), con cui condivide l’habitat. Tuttavia, la pesca eccessiva di questi salmoni ha ridotto drasticamente la disponibilità di prede, portando a un catastrofico calo del numero di SRKW.
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Le nostre analisi rivelano che la popolazione mostra un potenziale di recupero inferiore rispetto a quanto stimato in precedenza a causa della ridotta disponibilità di prede – scrivono gli autori dello studio – La cosa preoccupante è che questa minaccia primaria è stata rafforzata da altri fattori confondenti, tra cui un basso numero di femmine di orche nate negli ultimi anni e morti causate da urti accidentali di barche
Inoltre le orche residenti nel sud sono note per essere tra i mammiferi marini più contaminati al mondo, con livelli pericolosamente alti di policlorobifenile (PCB), composto chimico industriale che compromette la crescita degli animali, la funzione immunitaria e salute sessuale.
Queste molecole sono in realtà ormai vietate dalla Convenzione internazionale di Stoccolma sugli inquinanti organici persistenti (POP), ma la loro persistenza nell’ambiente marino e la resistenza all’eliminazione metabolica dimostra che purtroppo ci vorranno decenni prima che gli ambienti possano essere considerati sicuri,
Tutto questo, in larga parte provocato dall’uomo, implica che proteggere la specie richiederà “azioni aggressive”, che, secondo i ricercatori, dovrebbero concentrarsi sull’incremento delle popolazioni di salmone chinook e il ripristino dell’habitat delle orche.
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Dovranno pertanto essere messi in atto sforzi per ridurre il rumore del trasporto marittimo nella regione, poiché è stato dimostrato questo riduce significativamente la capacità delle balene di procurarsi il cibo. “Potrebbe essere necessario considerare budget, limiti o limiti per il rumore oceanico che consentano alle orche assassine di cacciare prede scarse in modo efficiente”, spiegano gli autori dello studio.
Ma non tutto è perduto, volendo davvero agire, anche con dei programmi di conservazione, che potrebbero almeno invertire il declino e potenzialmente portare a un tasso di recupero dell’1% all’anno.
Prevenire l’estinzione è ancora possibile, ma richiederà maggiori sacrifici sull’utilizzo delle risorse degli oceani, sullo sviluppo urbano e sulle pratiche di utilizzo del territorio, rispetto a quanto sarebbe stato possibile se le minacce fossero state mitigate anche un decennio prima
concludono i ricercatori
Faremo davvero questi sforzi?
Lo studio è stato pubblicato su Communications Earth & Environment.
Fonte: Communications Earth & Environment
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