Le analisi condotte su campioni di carne di cinghiale in Italia, Svezia e in Germania mostrano livelli di cesio più elevati rispetto ad altre specie, conseguenza della ricaduta radioattiva a seguito del disastro nucleare di Chernobyl ma non solo. Un nuovo studio svela l'enigma. Dopo quasi 40 anni i valori dell'isotopo radioattivo continuano a essere comunque preoccupanti
Perché in Europa ancora sono alti i livelli di radioattività in animali selvatici, soprattutto cinghiali nonostante siano passati quasi 40 anni dal disastro nucleare di Chernobyl?
Le risposte sono da ricercarsi sia prima che dopo che la nube radioattiva proveniente da Chernobyl sovrastò numerosissime aree del nostro continente. Quel 26 aprile 1986 non ha significato solamente morti per gli effetti collaterali dell’esposizione alle radiazioni, evacuazione di più di 120.000 persone di oltre 189 città limitrofe alla centrale e alla zona di esclusione, ma la ricaduta di materiale radioattivo che ha raggiunto gran parte dell’Europa.
Alcuni esempi sono la Svezia e la Germania in cui ancora oggi si riscontrano allarmanti livelli di cesio-135 e cesio-137 nei cinghiali presenti sul territorio e cacciati localmente. Anche in Italia a partire dal 2007 e soprattutto in zone dell’alto Piemonte sono stati trovati cinghiali radioattivi con evidenti tracce di cesio 137.
È il caso della Valsesia dove i campioni ottenuti hanno mostrato in 27 casi valori di cesio-137 superiori ai 600 Bq/kg. La questione preoccupa non poco visto che la carne di cinghiale è una delle più apprezzate. Ma perché la radioattività persiste nei cinghiali? Bisogna allarmarsi?
I motivi sarebbero molteplici e il disastro di Chernobyl non è l’unica causa. Nel nostro Paese, come in Svezia e Germania, l’elevata radioattività dei selvatici delle valli alpine con valori più alti nei cinghiali è da attribuirsi sì alla ricaduta di materiale radioattivo post Chernobyl, ma anche ai test nucleari condotti negli anni Sessanta quindi prima ancora che si verificasse il terribile incidente.
Altro elemento da considerare è l’emivita del cesio-137. Questa è pari a oltre 30 anni, ragione per cui il cesio-137 non scompare dopo poco tempo, ma persiste a distanza di anni e anni. Non per ultimo bisogna tenere presente la conformazione geologica dell’area in cui sono distribuiti i cinghiali radioattivi per una spiegazione complessiva.
Il territorio delle valli piemontese è roccioso e presenta una vegetazione quasi intatta, caratteristiche che hanno giocato un ruolo centrale in questa prolungata radioattività dei suoi animali. Ciò ha fatto sì che il cesio 137 venisse in un certo senso intrappolato nel terreno, nei funghi e nelle bacche di cui si ciba la fauna locale come i cinghiali.
Queste ipotesi sono state confermate da un recente studio scientifico svolto condotto in Germania dalla Leibniz Universität di Hannover e dalla Technische Universität di Vienna e apparso sulla rivista Environmental Science & Technology.
I test svolti nella regione della Baviera tra il 2019 e il 2021 hanno rivelato altissimi livelli di cesio nella carne di cinghiale. In 48 campioni analizzati, quasi il 90% presentava un livello di cesio superiore ai limiti stabiliti nel Paese. Secondo la ricerca la responsabilità sarebbe dei test sulle armi nucleari, di Chernobyl e di alcuni funghi del genere Elaphomyces.
Di questi funghi ipogei, che si sviluppano cioè nel terreno, ne vanno particolarmente ghiotti i cinghiali. Ingerendoli, il cesio si sarebbe trasferito agli animali rendendoli i cinghiali più radioattivi di altre specie.
Il nostro lavoro dimostra quanto possano essere complicate le interrelazioni negli ecosistemi naturali” ha dichiarato il professor Georg Steinhäuser, coautore dello studio.
La questione dei cinghiali radioattivi non riguarda però solamente Italia e Germania come dicevamo. Anche in Svezia vi è un costante monitoraggio dei livelli di cesio-137 nella carne della selvaggina, cinghiale in primis, grazie alla collaborazione tra l’Autorità svedese per la sicurezza delle radiazioni (Stral Säkerhets Myndigheten) e i centri di ricerca.
Negli anni passati sono stati svolti esami su campioni di 250 cinghiali provenienti dalle contee di Södermanland, Västmanland, Uppsala, Gävleborg e Dalarna. Gran parte dei campioni conteneva un livello di cesio-137 superiore al limite di 1.500 Bq/kg. Alcuni si aggiravano addirittura sui 10.000 Bq/kg con valori più alti, fino a 10 volte superiori, registrati nei mesi invernali e tra gli esemplari più giovani.
Per quanto solamente l’1% delle radiazioni totali provenga dal cesio presente negli alimenti, il consumo di carne con livelli elevati di cesio aumenta il rischio di tumore. A partire dal 2021 la Svezia ha sovvenzionato interamente le misurazioni di cesio-137 per aumentare i controlli.
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Fonti: Environmental Science & Technology – Stral Säkerhets Myndigheten – Livsmedelsverket
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