Gli ippopotami dovrebbero essere inseriti nell’elenco degli animali più a rischio estinzione. Questo ne vieterebbe finalmente la caccia e il commercio internazionale
Gli ippopotami dovrebbero essere aggiunti nelle liste degli animali maggiormente minacciati al mondo. Questi animali sono infatti vittime di bracconaggio e della crisi climatica in atto, che ne hanno decimato le popolazioni.
Gli ippopotami vengono infatti cacciati per scopi commerciali, per ottenere avorio e trofei da esibire, ma anche semplicemente per diletto. Secondo le stime, tra il 2009 e il 2019 sono stati venduti oltre 77mila prodotti ricavati dagli ippopotami e le tali stime riguardano solo il commercio legale.
Alla caccia legale si aggiunge quella illegale, oltre al degrado e alla perdita di habitat, conseguenti alle attività umane e al riscaldamento globale.
Gli ippopotami fanno infatti affidamento sull’acqua dolce per poter sopravvivere, ma questa risorsa è contesa tra animali e uomini che ne hanno bisogno per agricoltura, energia e sviluppo.
I fiumi stanno subendo riduzioni significative di acqua e questo causa difficoltà agli ippopotami e fa crescere i conflitti tra esseri umani e animali.
Gli esemplari che oggi vivono nei laghi e nei fiumi dell’Africa subsahariana, oggi sono stimati tra i 115mila e i 130mila: cifre che sembrano elevate, ma che in realtà rivelano una preoccupante diminuzione negli ultimi vent’anni.
La sopravvivenza degli ippopotami è sempre più a rischio, così dieci Paesi dell’Africa occidentale hanno proposto l’inserimento di questi animali nell’elenco degli animali a rischio estinzione. Gli ippopotami sono già presenti nella lista rossa IUCN dal 2016 come specie vulnerabile.
La proposta verrà esaminata dal Cites, Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione, dopo aver valutato dei requisiti degli ippopotami. Se dovesse essere approvata, comporterebbe il divieto assoluto di commercio di ippopotami o di parti dei loro corpi, una tutela che oggi è riservata a circa 1500 specie.
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Fonte di riferimento: Cites/IUCN
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