È tornato anche quest’anno il Grindadráp: la seconda caccia ha portato alla morte di 138 globicefali tra sofferenze terribili e ingiustificate
Nelle remote Isole Fær Øer, nell’indifferenza di tutti, un’antica pratica continua a macchiare le acque di cremisi. Stiamo parlando del “Grindadráp”, una caccia che diventa un brutale massacro nei confronti di globicefali e delfini. Ogni anno, circa 1.150 globicefali e delfini vengono radunati da barche in acque poco profonde solo per essere massacrati senza pietà. Questa caccia, sebbene parte della cultura locale, è incredibilmente brutale e anche nel 2024 ha già mietuto le sue vittime.
La prima caccia ai globicefali di quest’anno si è svolta nelle isole dell’Atlantico settentrionale il 4 maggio, uccidendo circa 40 esemplari. Purtroppo questa mattanza si è ripetuto anche sabato 1° giugno, con numeri ancora superiori: ben 138 globicefali sono stati uccisi a Hvannasund.
Jens Jensen, un residente locale, è riuscito a fermare il massacro dopo 20 minuti e a rilasciare i mammiferi rimasti. Alcuni degli esemplari del branco sono riusciti a raggiungere il mare aperto, mentre altri sono stati riportati sulla spiaggia una seconda volta e poi uccisi.
Ora ci sono moltissime fonti di cibo alternative: perché continuare?
Storicamente, il Grindadráp era una tattica di sopravvivenza, fornendo cibo essenziale per gli isolani durante i periodi in cui le risorse erano scarse. Oggi, tuttavia, questa logica si sgretola dato che i servizi moderni offrono fonti di cibo alternative, minando la necessità di una pratica così brutale.
Eppure ogni anno, i mari si oscurano con il sangue di innumerevoli globicefali, tra cui madri, piccoli e prole non ancora nata, massacrati indiscriminatamente. La perdita di queste vite non è solo una brutalità momentanea, ma un colpo sconcertante agli sforzi di conservazione, distruggendo le complesse strutture sociali essenziali per la sopravvivenza delle popolazioni di globicefali.
Le scene raccapriccianti del Grindadráp sono una grottesca dimostrazione di crudeltà. La caccia ai globicefali sconvolge i delicati ecosistemi marini e sfida gli standard internazionali di conservazione. Le autorità di conservazione globali hanno condannato la pratica, ritenendola insostenibile e un affronto agli sforzi volti a proteggere la vita marina, eppure il massacro non si ferma. Questi cetacei, intelligenti e senzienti, sopportano terrore e dolore inimmaginabili, un atto che è sempre più visto come una brutalità inutile e arcaica nel mondo moderno.
Sebbene la tradizione svolga un ruolo cruciale nel plasmare le identità delle comunità, non dovrebbe servire da scudo per pratiche che infliggono profonde sofferenze e danni ambientali. I difensori del Grindadráp invocano spesso la tradizione per giustificare la continuazione della caccia, ma dovremmo chiederci: a che punto l’adesione alla tradizione diventa un’abdicazione alle nostre responsabilità etiche e ambientali? In un mondo che sta diventando sempre più consapevole della necessità di proteggere il nostro pianeta e le sue creature, è tempo di abbandonare pratiche come il Grindadráp.
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