In Trentino continuano a morire orsi. Dall'anno in cui i primissimi esemplari sono stati reintrodotti quasi 70 plantigradi sono spariti perché uccisi dai bracconieri, abbattuti per decisione della giunta trentina e, solo in minima parte, morti per predazioni di altri orsi
È una ecatombe di orsi quella che si sta verificando in Trentino, dove il numero di individui abbattuti, rinvenuti morti o scomparsi è in crescita sin da quando la specie è tornata a popolare il Brenta.
Se il 1999 sugella il rilascio dei primissimi due esemplari di orso bruno Masun e Kirka nei territori settentrionali tramite il progetto Life Ursus, il 2000 è l’anno in cui è iniziata una persecuzione di selvatici.
Lo denunciano gli attivisti della campagna StopCasteller, che accusano la classe politica trentina di portare avanti una strage di orsi. Dal 2000 al 2024 68 orsi bruni sono spariti dal Trentino per cause di varia natura, di cui solamente in parte riconducibili a circostanze naturali.
I dati, aggiornati a settembre 2024, provengono dai rapporti annuali Grandi Carnivori e dai comunicati stampa diffusi della Provincia autonoma di Trento. A elaborarli Stefania Panozzo e Alessandro Ghezzer.
L’impressionante necrologio riporta nome dell’orso, età, luogo e relativo anno con le note fornite dalla Pat caso per caso. Alcune sono a dir poco riduttive e si limitano a indicare “morto per cause sconosciute” o “scomparso”. Così è accaduto a F10 oppure a M3.
Altre storie, divenute tristemente famose, hanno ispirato azioni di protesta per la conservazione degli orsi, screditando il discutibile servizio svolto dalla Provincia. La vicenda di Daniza è una di queste.
Mamma orsa è morta uccisa dai narcotici somministrati dal veterinario della Pat. Ma prima e dopo di lei ci sono stati altre Daniza. Kj1G2, un’orsa femmina di 2 anni e mezzo, è deceduta annegata durante le operazioni di cattura.
JJ5 aveva 6 anni quando, sempre nei tentativi di cattura, è morto in un “incidente”. Stessa sorte è toccata nel 2022 a F43. Ci sono poi gli orsi ammazzati dal bracconaggio. F5 e M21 sono stati dichiarati morti nel 2016, in Val di Non, uccisi entrambi con il veleno.
Anche F36 e MJ5, orsi di cui si è parlato molto recentemente, sono finiti nelle mani dei bracconieri. Ci hanno pensato gli investimenti a farne fuori altri e la Provincia tramite le ordinanze di abbattimento, di cui KJ1 è l’ultima vittima accertata.
Per i difensori degli animali, in Trentino sta avvenendo uno “sterminio ‘dal basso’ a cui si allude sempre più esplicitamente nei commenti degli utenti sotto i post social dei più alti membri del governo provinciale, ma che nessuno denuncia, tanto meno le istituzioni”, commenta così Francesca Manzini, portavoce di StopCasteller.
Per questa ragione le organizzazioni animaliste sono pronte a scendere nuovamente in piazza. Sabato 21 settembre StopCasteller, Lndc Animal Protection e la Rete dei santuari si riuniranno a Trento.
L’obiettivo è ribadire le responsabilità politiche di una classe dirigente che ha fatto del tiro al bersaglio all’orso il fil rouge della propria agenda politica e che altera la verità sfruttando la paura della gente per favorire gli interessi del comparto zootecnico e di chi vorrebbe la montagna di dominio esclusivo dell’uomo.
Nonostante le innegabili difficoltà di portare avanti una battaglia di civiltà così divisiva noi ci siamo e daremo sempre battaglia affinché prevalga una cultura e una prassi della convivenza che tengano conto delle vite di tutti, umani e animali. Alla giunta diciamo che presto o tardi le cose cambieranno: le politiche fondate sullo sfruttamento, del territorio, delle risorse, delle vite animali e umane, sono obsolete e insostenibili” conclude Manzini.
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Fonte: StopCasteller
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