Curiosi come le scimmie? Non proprio: gli oranghi selvatici lo sono soltanto in queste circostanze

Gli oranghi non smettono mai di stupire e un recente studio scientifico condotto in Indonesia rivela nuovi interessanti dettagli sulla loro pacata curiosità. La ricerca potrebbe essere un punto di partenza per comprendere come la curiosità si sia evoluta negli esseri umani

Abilissimi esploratori degli alberi, primati relativamente poco sociali, ma incredibilmente intelligenti. Gli oranghi sono grandi mammiferi che popolano le foreste pluviali asiatiche. Sul loro comportamento si interrogano da sempre gli studiosi.

Sono creature ingegnose, intuitive, incredibilmente prudenti, ma possono essere anche curiose nel loro habitat in determinate circostanze. Lo dimostra un nuovo studio scientifico realizzato dal Max Planck Institute of Animal Behavior e pubblicato recentemente sulla rivista Scientific Reports.

Se infatti gli oranghi e i primati in cattività sviluppano una certa curiosità per l’ignoto, poche sono le osservazioni fatte in natura che possano classificare la curiosità come una loro dote. Un team di ricercatori del Max Planck Institute si è voluto concentrare proprio su questo punto, studiando le reazioni di un gruppo di oranghi selvatici davanti a un nuovo oggetto.

L’indagine si è svolta nel sito di Suaq Balimbing, a Sumatra, Indonesia, e ha coinvolto 23 oranghi Pongo abelii, di cui 10 di età compresa tra i 3 e i 14 anni. Già in precedenza si era tentato di scoprire di più sulla curiosità di questi primati disseminando tra gli alberi oggetti a loro sconosciuti come una bandiera rossa o un peluche.

L’esperimento fallì. I ricercatori conclusero che gli oggetti scelti erano troppo estranei agli oranghi e piuttosto che essere incuriositi, i primati risultavano spaventati alla loro vista. Nella ricerca si è pensato dunque a oggetti che gli oranghi conoscessero già, ma questi sono stati presentati in una nuova situazione.

Un tronco d’albero la cui cavità è stata riempita di miele è stato issato tra gli alberi a circa 10 metri di distanza dagli animali. I risultati sono stati molto interessanti. Gli oranghi hanno trascorso in media 30 minuti in prossimità del tronco. Lo hanno osservato con attenzione e alcuni si sono avvicinati a questa occasione di foraggiamento insolita.

studio oranghi

@Scientific Reports

Per quanto ne fossero in qualche modo attratti, sono stati molto cauti nel toccare direttamente il tronco. Per farlo hanno utilizzato un ramo. Le prove hanno dimostrato che i giovani oranghi erano i più incuriositi rispetto agli esemplari adulti e avevano un maggiore desiderio di esplorazione.

Ciò è avvenuto anche alla presenza di conspecifici. Quando un individuo di un gruppo si avvicinava all’oggetto di studio, altri oranghi erano spinti a fare lo stesso. “L’esplorazione visiva e le tendenze di avvicinamento aumentavano” , sottolineano i ricercatori, rispetto alle altre prove in cui gli altri oranghi si limitavano a osservare le novità.

grafico oranghi

@Scientific Reports

Gli studiosi sono rimasti colpiti da questa loro curiosità e hanno provato a capirne le ragioni. Per i ricercatori il loro comportamento curioso sarebbe influenzato da fattori sociali in primis, ma anche ecologici in condizioni ambientali favorevoli come la disponibilità di cibo.

Tra i primati, gli oranghi sono una specie piuttosto solitaria. Eppure di fronte alle opportunità di apprendimento – come osservato nei giovani – e alla presenza di altri oranghi “mostrano una reazione positiva agli stimoli”. Lo studio potrebbe fornire importanti indicazioni per comprendere l’evoluzione della curiosità umana.

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Fonte: Scientific Reports

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