Un esemplare di lupo grigio ha contribuito alla ripresa di una popolazione di suoi simili e di un ecosistema in un'isola del Nord America con il suo ruolo ecologico. Lo dimostra un nuovo studio scientifico che ha mostrato gli effetti a catena che il suo arrivo ha prodotto
Ogni ecosistema è un complesso e perfetto meccanismo di equilibri, in cui coesistono predatori e prede, flora e dove le condizioni sono favorevoli allo sviluppo di diverse specie. Quando però uno di questi elementi viene meno, l’equilibrio vacilla.
È stato il caso dell’Isle Royale, isola dei Grandi Laghi nordamericani appartenente al Michigan, Stati Uniti, dove la popolazione di lupi selvatici è diminuita drasticamente sia per via di un’epidemia di parvovirus canino negli anni Ottanta sia per alti livelli di consanguineità tra gli individui. Poi però qualcosa di significativo si è verificato all’interno della popolazione con l’arrivo di un lupo maschio proveniente da territori canadesi.
Può un singolo esemplare selvatico risollevare le sorti di una popolazione e, di conseguenza, di un ecosistema forestale? Sì, e questo è esattamente ciò a cui hanno assistito gli esperti a Isle Royale a partire dal 1997. A rivelarlo è un nuovo studio apparso sulla rivista Science Advances.
Nella ricerca gli scienziati hanno indagato su come le caratteristiche genetiche di una popolazione di grandi predatori come i lupi grigi nel Parco nazionale dell’Isle Royale potessero influenzassero le altre specie generando un effetto a catena.
La popolazione di lupi grigi dell’area protetta viene monitorata dagli anni Cinquanta. Il 1997 è però l’anno chiave per l’isola poiché un lupo grigio identificato come M93 e conosciuto come “vecchio grigio” si spinse fin qui giù, attraversando la distesa di ghiaccio che si andrò a creare collegando temporaneamente Isle Royale al Canada.
Ciò non avviene tutti gli anni ed è uno dei motivi per cui i lupi di Isle Royale rappresentano una popolazione completamente isolata. Quell’anno però il ponte di ghiaccio si formò e il lupo M93 portò nuovi geni sull’isola, riproducendosi in diversi branchi.
Il lupo M93 era diverso dai suoi simili. Le sue dimensioni erano più grandi e il suo mantello più chiaro. Questa è una foto che lo ritrae assieme ad altri lupi grigi.
L’arrivo di M93 ha rappresentato un potente salvataggio genetico dalla depressione da consanguineità che caratterizzava la popolazione di lupi in quel momento” osservano i ricercatori nello studio.
Ma non finisce qui perché oltre a salvare la popolazione di lupi, il suo ruolo ecologico da predatore ha consentito di ridurre l’abbondanza di alci sul territorio e l’ecosistema forestale ne ha beneficiato.
Gli alci sono distribuiti infatti in tutta l’Isle Royale e si nutrono prevalentemente di abete balsamico. Possono consumare anche fino a 13 kg di abete e altra vegetazione al giorno. La scarsa presenza di loro predatori naturali quali i lupi ha permesso ai cervidi di proliferare in maniera quasi incontrollata avendo un impatto negativo sulle foreste.
La tendenza si è invertita grazie a M93, ma dal 2008 la popolazione di lupi ha sofferto nuovamente sempre per via della consanguineità con il 60% dei geni ereditati dal vecchio grigio. La ricerca mostra tuttavia che la genetica di un singolo predatore può influenzare i processi ecologici su tutti i livelli trofici.
Le dinamiche forestali possono essere ricondotte a cambiamenti nelle caratteristiche genetiche di una popolazione di predatori” concludono i ricercatori.
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Fonte: Science Advances
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